lunedì 31 maggio 2010
Chiarimenti sull'azione israeliana avverso la flottiglia "pacifista" su http://roma.mfa.gov.il
http://roma.mfa.gov.il
(Sito Ambaaciata d'Israele)
martedì 25 maggio 2010
Conad precisa sul "boicottaggio"
Rimane comunque oscuro il passaggio nel quale si parla di informazioni richieste al fornitore: se infatti dovesse fare la differenza la provenienza o meno dai cosiddetti "territori occupati",la questione si riaprirebbe almeno di principio.
Salvo che lo stesso metro ,come pero' non appare,non venga applicato a qualsiasi situazione ove vi siano dei territori in discussione e per qualcuno,quindi, "occupati".
LA NOTA STAMPA DI CONAD
Bologna, 25 maggio 2010 - In merito alle notizie apparse sulla stampa circa la denuncia da parte di alcune organizzazioni umanitarie relativa alla commercializzazione di prodotti che sarebbero stati coltivati nei Territori Occupati della Palestina, Conad puntualizza quanto segue:
- non è in atto alcuna attività di boicottaggio da parte di Conad; a lanciare campagne di boicottaggio sono le associazioni delle diverse parti in causa che vorrebbero coinvolgere e condizionare Conad, come ben si evince dalle oltre 600 pagine web;
- come già precisato nella nota diffusa ieri alle agenzie, Nordiconad non intrapreso alcuna azione di boicottaggio, ma ha solo richiesto informazioni al fornitore;
- quanto sia strumentale questa vicenda lo testimonia il fatto che il prodotto in questione - il pompelmo proveniente da Israele - ha una sua stagionalità che, come ben sanno gli operatori, si è conclusa ad aprile; quando le produzioni di pompelmo saranno nuovamente disponibili, le forniture proseguiranno regolarmente;
- Conad, contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di informazione, non ha mai sospeso forniture di prodotti - ortofrutta o altro - da Israele.
Diffidiamo pertanto ogni soggetto dal lanciare o riportare notizie imprecise, non veritiere e già destituite da ogni fondamento.
Conad si riserva infine di tutelare il proprio nome e gli interessi della catena in ogni sede competente.
Ufficio stampa Conad
HOMINAPDC Comunicazione Relazioni Pubbliche
Via Del Monte, 10 - 40126 Bologna
Tel. +39.051.264744 / Fax. + 39.051.222190
Quel pasticciaccio del boicottaggio ai prodotti israeliani provenienti dai cosiddetti "Territori Occupati"
Infatti,anche a sottoscrivere il concetto,in realta' assai opinabile ,ormai da anni si tratta di ben poca cosa visto che esistono i Territori dell'Autorita' Palestinese concessi a suo tempo da Israele.
Nel caso sii potrebbe parlare di "territorio occupato" pensando alla dittatura integralista dei terroristi di Hamas!
Comunque,dinanzi a questa realta' il boicottaggio del quale si legge in questi giorni,ad opera di realta' appartenenti a Conad e Coop (rivolto appunto ai prodotti venduti da Israele e originari dei "territori") appare ancor di più' anacronistico e destinato,pur stanti i distinguo espressi in particolare da Coop,a portare solamente acqua al mulino della stantia tradizione estremista,in questo caso spesso di sinistra, antisraeliana "a prescindere".
Allergico, da buon liberale,ai boicottaggi economici che sanno di ipocrisia quando si vuole operare nel mercato, potrei invece apprezzare quanto dichiarato da Coop,ovvero che la decisione ostracista riguarderebbe solo quei prodotti (pare si parli dello 0,4% dell'import da Israele!), originari dei "Territori" , per carenza di tracciabilita,ovviamente sempre che cio' sia corretto: ovvero il cliente non capirebbe esattamente quale provenienza abbia il prodotto e non potrebbe quindi determinare pienamente e liberamente la propria scelta.
Dicevo che potrei capire se tale rigoroso metodo venisse applicato a tutto campo : quindi vorrei sapere se dell'uvetta turca proveniene magari dai territori curdi,se qualche prodotto spagnolo origina forse da quelli baschi o se,tanto per citare un altro esempio, del "made in China" o "PRC" che dir si voglia e' invece di fonte tibetana.
Da ultimo ma certo non da meno,vorrei anche sapere se qualche prodotto importato,con lodevole intento benefico,dai Territori dell'Autorita' Palestinese sia "made in Gaza" e quindi contribuisca ad arricchire i terroristi di Hamas.
Insomma, "tracciabilita' totale" per tutti e non solo per i soliti.
Gadi Polacco
martedì 18 maggio 2010
IL MONDO EBRAICO FESTEGGIA LA FESTA DI SHAVUOT,NEL RICORDO DEL DONO DELLE TAVOLE DELLA LEGGE (TORA')
www.livornoebraica.org
(a cura di Gadi Polacco)
Il mondo ebraico festeggia, da questa sera sino al 19/5 sera, la festa di Shavuot (letteralmente "settimane" ) dell'anno 5770/2010. Come ricorda il sito dell'Unione delel Comunità Ebraiche Italiane,nel testo curato da Sira Fatucci, "Shavuot cade il 6 e il 7 di Sivan, esattamente sette settimane dopo Pesach. Fino a quando non fu stabilita la durata precisa dei mesi la ricorrenza poteva cadere il 5, il 6 o il 7 del mese, fatto unico per le ricorrenze comandate nella Torà. Shavuot è chiamata anche "Tempo del dono della nostra Torà". La Torà è per gli ebrei il dono più grande fatto da Dio all'uomo, il legame con essa è fortissimo e ha un valore di sacralità. Questo spiega anche perché la data precisa non avesse troppa importanza: la cosa fondamentale è la rivelazione della Torà, il legame con una data storica riveste una importanza secondaria.
Gli ebrei dopo essere rimasti schiavi in Egitto, finalmente liberi, trascorsero 40 anni nel deserto; quando furono ai piedi del Monte Sinai Mosè, loro capo, salì sul monte dove ricevette in dono da Dio la Torà da consegnare al popolo d'Israele. Le Leggi contenute nella Torà sono ancora oggi la base e il cemento del popolo ebraico. Così come Pesach rappresenta il raggiungimento della libertà materiale; questa festa rappresenta il raggiungimento della libertà spirituale, la libertà di scegliere di accettare la legge morale, di accettare il giogo divino.
Shavuot è una delle tre feste di pellegrinaggio, cioè una festa durante la quale ci si doveva recare al Santuario a Gerusalemme (ai tempi in cui ancora esisteva) e portare un'offerta, secondo il dettato che si trova in Esodo XXIII, 16: "Conterete cinquanta giorni fino all'indomani della settima settimana ed allora presenterete al Signore un'offerta farinacea nuova (di frumento nuovo)".
A Shavuot ci si reca alla Sinagoga, dove vengono utilizzati degli addobbi particolarmente sontuosi e il profumo dei fiori che vengono portati per l'occasione rende particolarmente gradevole la atmosfera. Le piante e i fiori che si usano per addobbare le case e le sinagoghe probabilmente rimandano al luoghi lussureggiante nel deserto in cui fu ricevuta la Torà.
In Italia a Shavuot molte bambine celebrano il loro bat Mizwa, cerimonia attraverso la quale diventano "adulte" e in grado di adempiere ai precetti che riguardano le donne.
Il pasto di Shavuoth è a base di latte. (Le regole alimentari ebraiche, in osservanza al divieto biblico "non mangerai il pretto nel latte di sua madre" vietano di mangiare nello stesso pasto carne di qualsiasi genere e di cibi derivati da latte). Le origini di questa usanza possono essere diverse, le più accreditate sono due: il sapore dellaTorà viene paragonato a quello del latte e del miele. La seconda ipotesi è che gli ebrei non avendo ancora ricevuto la Legge, non erano in grado di procedere alla macellazione rituale degli animali, per cui si astenevano dal mangiare la carne.
Dopo la cena della vigilia, molti usano studiare la Torà per tutta la notte. Il secondo giorno di Shavuot si legge il libro di Ruth, libro facente parte del canone biblico, nel quale viene narrata la storia di Ruth la moabita, della sua conversione all'ebraismo, conversione alla quale arrivò attraverso tappe spirituali paragonabili a quelle del popolo ebraico. Ruth è un'antenata del re David, e in quanto tale il Messia nascerà dalla sua progenie"
Tra le usanze tipiche livornesi per onorare questa festa,lo storico dolce denominato "Monte Sinai" in ricordo del luogo che vide la proclamazione delle Tavole della Legge.
Midrash (racconto a scopo didattico,talvolta basato su fatti e/o personaggi reali ed altre volte di fantasia, teso appunto a voler trasmettere un messaggio)
Prima della creazione del mondo esisteva già l'alfabeto ebraico. L'Alef , la prima lettera, era molto orgogliosa, mentre la Beth, la seconda lettera, si sentiva trascurata. Allora il Signore, per consolare la Beth, creò il mondo, cominciando con la parola Bereshìth (In principio). La Alef si sentì molto offesa e si lamentò col Signore, ma poi si pentì del suo orgoglio. Allora che cosa fece il Signore? Pensò di appoggiare su Alef la Sua Legge; la Legge del pentimento e del perdono. E dal Monte Sinai, in mezzo ai tuoni e le fiamme, promulgò il primo Comandamento iniziando con la lettera Alef della parola Anokhì che significa Io.
giovedì 13 maggio 2010
Repubblica ,ripresa da alcuni siti,annuncia la revoca di Rav Somekh Rabbino Capo " integralista". La mia solidarietà all'interessato
ho letto quanto scritto da "Repubblica" e ripreso poi da vari siti in
data 13 maggio 2010.
Non conosco le motivazioni riportate nella decisione richiamata da
quegli articoli, stante peraltro la mia estraneità alla questione, ma è
chiaro anche senza poterle giudicare quanto assurdo sia affermare che
"una commissione istituita appositamente dall'Unione delle comunità
ebraiche italiane ha accolto, nella sostanza, le ragioni espresse dal
Consiglio della comunità di Torino, che aveva chiesto la revoca
dall'incarico a causa di un'eccessiva rigidità di Somekh
nell'interpretazione delle regole."
In un momento storico nel quale il termine "integralista",contenuto nel
titolo, assume poi significato terribile, non posso che riscontrare
quanto sciagurato e pericoloso sia questo accostamento riferito alla
Tua persona.
Strumentali trovo inoltre le conclusioni dell'articolo e sarebbe assai
triste se fossero state suggerite da qualsivoglia fazione.
Confido che l'Unione saprà ristabilire rapidamente, dinanzi alla
distorsione avvenuta suo malgrado, un corretto contesto della vicenda
che non rischi di risultare lesivo ed offensivo della Tua persona.
Sono pertanto ad esprimerTi solidarietà ,personale e quale Consigliere
UCEI,rinnovandoTi stima ed amicizia,
Gadi Polacco
14 maggio 2010 /Rosh Hodesh Sivan 5770
martedì 4 maggio 2010
Dalle pagine web di "UCEI Informa" la cronaca della serata di ieri sera in onore del Rabbino Elio Toaff
Mentre saliva, accompagnato dai figli, sul palco, rav Toaff aveva il solito sorriso ironico, forse sorpreso anche lui da quanti, politici, imprenditori e alte autorità ecclesiastiche sono venuti ad augurargli “buon compleanno” ieri sera, all’hotel Cavalieri Hilton di Roma a Monte Mario. Per l’occasione il rabbino emerito di Roma ha donato l’uso del proprio nome alla Fondazione per la cultura ebraica che è stata presentata nel corso della serata.
Il Rav è rimasto sul palco circondato da una schiera di bambini delle Scuole ebraiche di Roma che lo hanno festeggiato con canti e momenti di grande affetto.
Presentatore d’eccezione, il direttore del Tg5 Clemente Mimun, che come detto dal Presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, ha accettato l'incarico per onorare il nome del rav Toaff. Di grande importanza i messaggi di auguri letti ad inizio serata da Cesara Buonamici, giornalista del Tg5, dopo i canti del coro della scuola ebraica, inviati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da quello emerito Ciampi e dal presidente del Consiglio.
Il presidente Napolitano si è associato ai festeggiamenti indicando in Toaff una “altissima personalità dell’ebraismo italiano del nostro tempo. Ci ha trasmesso un insegnamento che ogni uomo del nostro tempo deve fare proprio, se ha a cuore i destini di un mondo così ricco di paure , come di speranze”. Anche il presidente del Consiglio gli ha reso omaggio, “ il suo esempio e il suo impegno nella promozione dei valori dell’ebraismo, che sono alla base delle nostre comuni radici, sono sempre stati un punto di riferimento nella mia attività di governo”.
Ciampi ha ricordato le comuni origini livornesi con il rabbino, cercando proprio in questa città l’apertura verso l’altro e la tolleranza che hanno caratterizzato oltre mezzo secolo di cattedra rabbinica del Rav.
Una volta esaurita la lettura dei messaggi arrivati dalle istituzioni è stato chiamato sul palco padre Georg Gaenswein che ha letto un messaggio del Pontefice Benedetto XVI, di cui è segretario, “il Signore, nei suoi misteriosi disegni, ha voluto che ella sperimentasse in maniera singolare la sua salvezza divenendo un segno di speranza per la rinascita di molti suoi fratelli” ovviamente ricordando l’impegno di Rav Toaff nella promozione di relazioni fraterne fra ebrei e cattolici.
Terminati gli applausi, Mimun ha chiamato sul palco, Ermanno Tedeschi che ha presentato la Fondazione per la cultura ebraica di cui è presidente e, ringraziando per la nomina e l’alto incarico ricevuto, ha premiato Gavriel di Segni, creatore del logo per la fondazione, elogiandolo per aver devoluto alla Deputazione ebraica il premio in denaro messo in palio.
Rav Riccardo di Segni che ha succeduto rav Toaff alla guida della comunità ebraica di Roma, partendo da una citazione della mishnà di Pirkè Avot ”La Torah è così grande che dona la vita a chi la mette in pratica sia in questo mondo che nel mondo futuro” ha parlato di Rav Toaff nel suo aspetto che forse più difficilmente è emerso al mondo esterno, quello di maestro di Torah, ricordando la sua capacità di insegnare Torah a generazioni di studenti.
Il gesto del rabbino capo di Roma di stringere affettuosamente le mani del suo predecessore, ha costituito un commovente segno di continuità ideale. Il presidente della Comunità Riccardo Pacifici ha parlato del rav come un punto di riferimento anche per lui quando da giovane militante del Movimento culturale studenti ebrei cercava di imporre le ragioni di Israele all’attenzione dell’opinione pubblica. Rav Toaff ha detto Pacifici “ non ci ha mai negato la sua Berachà sostenendoci dietro le quinte”.
Uno degli interventi più applauditi è stato quello del professor Andrea Riccardi , fondatore della Comunità di Sant’Egidio, impegnata sul frotne della pace e del dialogo ebraico cristiano, che ha parlato anch’egli della vita di Toaff come di un messaggio di speranza sulla possibilità di esser “uomini umani” nonostante il secolo buio, l’odio e le persecuzioni. Per Riccardi, Toaff ” Ha mostrato la gioia di vivere ed esser ebreo” e “la sua sapienza di vita e la sua ironia sono un insegnamento per tutti” concludendo con le parole dello stesso Rav Toaff “fai felici gli altri perché se son più felici gli altri sono felice anche io”.
Anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha salutato brevemente dal palco, facendo gli auguri al rav e guardando a lui come un punto di riferimento per la città e il paese, dopo di lui si son succeduti sul palco.
Renata Polverini, neopresidente della Regione Lazio e Nicola Zingaretti presidente della Provincia.
Al termine è stato proiettato un documentario di Emanuele Ascarelli e Milko Duiella per riannodare i fili della storia di Rav Toaff attraverso il materiale presente negli archivi Rai e presentato il libro “Elio Toaff, un secolo di vita ebraica in Italia”, curato dalla storica Anna Foa.
Daniele Ascarelli
Rav Toaff 95 - "In questo giorno ricorda mamma"
“Auguri a rav Toaff: omaggio a un grande ebreo italiano” è il titolo della grande esposizione curata dalla direttrice del Museo ebraico di Roma Daniela Di Castro e da Caterina Napoleone insieme alla fondazione Elio Toaff per la cultura ebraica che apre i battenti per completare i festeggiamenti dedicati ai 95 anni del rabbino emerito della Capitale.
La mostra, organizzata in occasione dei 95 anni di Rav Toaff, intende ripercorrere le tappe più importanti della vita di questa straordinaria figura nel quadro più ampio della storia d’Italia. Personaggio emblematico, maestro di vita e guida spirituale, Toaff ha guardato non solo alla realtà dell’ebraismo italiano, risollevandolo dal periodo post-bellico, ma anche e soprattutto al mondo esterno cogliendone i mutamenti politici e culturali, incentivando il dialogo tra le religioni.
Durante la mattinata, alla presenza dei figli di Rav Toaff e di un vasto pubblico, si sono alternate alcune importanti voci della politica e della cultura ebraica italiana che hanno ricostruito la figura del rabbino mediante i loro ricordi più personali contribuendo così a dar vita ad un ritratto del tutto straordinario.
“Babbo che cosa devo dire oggi ? e lui mi ha risposto se puoi ricorda mamma” questo l’incipit dell’intervento dello storico Ariel Toaff, uno dei figli del rabbino, alla conferenza stampa a cui ha preso parte assieme agli altri fratelli che ha poi aggiunto “avrei preferito che mio padre fosse qui”.
Il professor Toaff si è detto onorato di partecipare ai festeggiamenti per i 95 anni di suo padre e nei confronti della Fondazione che porta il nome del rabbino capo emerito ha sottolineato: “ legare il nome di mio padre alla cultura ebraica è il più grande onore che ci possa essere” . Ariel Toaff ha anche ricordato quanto sia stata fondamentale la figura della madre Lea Iarach che “ ha seguito mio padre nei momenti più difficili della sua vita”.
Il pubblico presente in sala ha ascotato con sincero interesse e curiosità le sue parole e quelle della sorella Miriam Toaff che, a conclusione della conferenza, ha voluto sottolineare l’amore che il padre ha sempre provato nei confronti dei bambini. Rav Elio Toaff ha infatti costantemente dedicato le sue enrgie ai giovani impegnandosi per la realizzazione delle scuole e di molti movimenti giovanili che ancora ai nostri giorni rappresentano un importante collante per le Comunità ebraiche italiane.
“Tutta la comunità si è mobilitata per festeggiarlo” dice l'assessore ai beni culturali della Comunità Ebraica di Roma Roberto Steindler sottolineando come la figura di Toaff sia stata fondamentale nel risollevare le sorti dell’ebraismo italiano dopo la Shoah e di come abbia organizzato la Comunità romana rendendola perfettamente funzionante. “Rav Toaff è stato un grande ebreo e un grande italiano”- continua Steindler – “ ogni volta che andavo a trovarlo mi congedava dicendomi che la sua porta era sempre aperta”.
Ha poi preso la parola il presidente della Comunità Ebraica della Capitale Riccardo Pacifici il quale ha ricordato affettuosamente come veniva sempre rimproverato da Rav Toaff per la sua irruenza sottolineando però al contempo quanto il rabbino abbia incoraggiato e sostenuto i giovani nelle loro attività. Nel giorno della sentenza per il processo al criminale Priebke - racconta Pacifici – in un momento estremamente delicato in cui i carabinieri stavano per eseguire lo sgombero delle aule del tribunale occupate da centinaia di manifestanti ebrei chiamai Toaff, il quale dopo aver avuto notizia della situazione mi disse: per ciò che mi riguarda dovete rimanere dentro. Era uscito il partigiano che era in lui”.
“È stato per me un punto di riferimento” - dice Ermanno Tedeschi presidente della Fondazione Elio Toaff la quale si propone di contribuire al progresso della Comunità ebraica di Roma soprattutto nell’ambito della promozione della cultura, della tutela, della conservazione e dell’incremento del patrimonio culturale ebraico – “ il Rabbino emerito è stato un grande maestro, ma soprattutto un grande uomo ed un esemplare cittadino italiano, quando l’ho incontrato sono rimasto colpito dal suo desiderio di trasmetterci qualcosa anche solo con gli occhi, il suo è un messaggio di speranza, di saggezza e di tolleranza. Noi oggi abbiamo piantato un seme dal quale speriamo che nasca un grande albero simbolo della nostra fondazione e al contempo delle nostre radici”.
Anche nell’intervento della direttrice del Museo ebraico di Roma – Daniela Di Castro – riaffiorano i ricordi: “Rav Toaff è una delle figure dell’ebraismo italiano più note di tutti i tempi” ha affermato la Di Castro specificando come all’interno della mostra si sia dato molto spazio alla figura del padre del Rabbino emerito rav Alfredo Sabato Toaff e alla moglie senza la quale “non so se Toaff sarebbe stato così forte” afferma la direttrice. “Della mia maggiorità religiosa ancora ricordo l’ultima domanda che mi rivolse Toaff il quale appunto mi chiese perché non possiamo ricostruire il Tempio di Gerusalemme, la risposta era per non distruggere lo spazio che appartiene ad altre culture, era questa la testimonianza e la manifestazione di uno strepitoso rispetto”.
“Ricordo di un mio viaggio in Israele - racconta ancora la direttrice - quando all’aeroporto fummo fermati dai controlli e dopo parecchi minuti e una molteplicità di domande l’amica che mi accompagnava disse di essere la nipote di Elio Toaff, gli uomini della sicurezza israeliana ci guardarono affermando che se lo avessimo detto prima si sarebbero risparmiati tanta fatica, ciò a testimonianza del fatto che la figura del Rav era quindi molto conosciuta anche fuori i confini dell’Italia”.
Conclude la conferenza stampa Caterina Napoleone la quale ripercorre le tappe più importanti della vita del Maestro sottolineando come la mostra voglia dare risalto alle origini del rabbino ricostruendo mediante immagini e preziosi documenti l’esistenza di una delle figure più importanti dell’ebraismo italiano. Alle radici e alla famiglia d’origine di Toaff la mostra dedica infatti molta attenzione “ Abbiamo recuperato – dice la curatrice – la tesi di laurea del padre Alfredo Toaff un documento che risale ai primi del '900 e che è di uno straordinario interesse”. Le immagini esposte raccontano, dunque, la vita, i luoghi, gli eventi più significativi dell’esistenza di rav Toaff “ la scelta delle immagini è suggestiva perché ci dà il sapore e la temperatura di come era il ghetto”.
Un filmato realizzato da Emanuele Ascarelli e Milko Duiella con la raccolta dei materiali delle cineteche Rai e con il contributo offerto da Daniel Toaff, vicedirettore di Raiuno, completa la mostra che prenderà il via mercoledì 5 maggio e si protrarrà fino al 29 giugno.
Nel libro pubblicato per l’occasione “Rav Toaff un secolo di vita ebraica in Italia”, edito da Silvio Zamorani, curato dalla storica Anna Foa e dalla stessa fondazione scrive Riccardo Pacifici nella ultime righe della premessa “ Mazal tov Rav Toaff per i tuoi 95 anni. Ad Mea Ve Esrim. Fino a 120 anni è l’augurio che secondo la tradizione ebraica si fa agli uomini saggi come te”. Siamo sicuri che a questo augurio si uniranno in molti.
Valentina Della Seta
(da www.moked.it -Ucei Informa, spazio web dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane)
lunedì 3 maggio 2010
COMUNITANDO (www.livornoebraica.org) -STASERA LA CENA IN ONORE DEL RABBINO ELIO TOAFF , PRESENTI ALCUNI LIVORNESI, E LA PRESENTAZIONE DELLA FONDAZIONE A LUI DEDICATA
Ieri, 1° maggio, i familiari hanno festeggiato il 95enne Rabbino Toaff in forma privata a Roma ed alcuni livornesi figurano tra gli invitati alla serata odierna (tra questi il Consigliere Nazionale dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Gadi Polacco, suo fratello Daniele collaboratore per anni del Rabbino Toaff,il Presidente della Comunità livornese Zarrugh).
Proprio dalle pagine della rivista dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è tratta l'intervista che segue,a cura di Guido Vitale.
Al Rabbino Toaff, secondo l'uso ebraico,l'augurio di "fino a centoventi" !
Comunitando
www.livornoebraica.org
Da "Pagine Ebraiche" , ripreso su UCEI Informa (newsletter dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) di oggi,un'intervista a Rav Elio Toaff
“Volevo partire, ma mio padre disse:
Un rabbino non lascia mai la sua comunità”
Fermo là, in poltrona, il Rav si lascia avvolgere dalla luce tiepida e trasparente del mattino. Poi lancia lo sguardo verso Roma e sembra che la città lo attenda alla vigilia del novantacinquesimo compleanno con il dono di tutta la sua primavera. A pochi passi quasi si percepisce l’eterno scorrere del fiume, il via vai nel ghetto della gente che lo ha accolto e lo ha seguito in cinquant’anni di magistero, la sinagoga che lo ha visto protagonista nei momenti più difficili e nelle gioie più intense per oltre mezzo secolo. I movimenti restano maestosi, ma sono rallentati dal peso dei ricordi. I gesti, gli sguardi seguono un flusso di memorie che riaffiorano. E si torna alle origini, agli anni della giovinezza, anni di speranze spezzate e di scelte dure, irrevocabili.
Era il settembre del 1938, in quella sala operatoria della prestigiosa clinica universitaria di Pisa, quando suo fratello apprese di non poter più esercitare la professione medica. Era il giorno dell’infamia delle leggi razziste che negarono agli ebrei italiani la dignità di cittadini e privarono il mondo accademico dell’apporto di scienziati e professionisti di valore. E qualche solerte assistente si sentiva già pronto a sostenere che l’applicazione delle leggi doveva avere effetto immediato, a operazione aperta. Il professor Renzo Toaff decise allora che l’operazione doveva andare avanti fino alla sua conclusione. “No, questa la finisco io, altrimenti mi ammazzate il paziente e poi date la colpa a qualcun altro”. La sua uscita dalla sala operatoria non segnava solo la conclusione di un’epoca di civile convivenza, ma anche la fine del prestigio che il mondo accademico italiano aveva saputo conquistarsi. Per molti ebrei italiani veniva il momento di prendere una decisione. Da un capo all’altro dell’Italia i fratelli Toaff decisero che era il momento di reagire. Renzo non ci pensò su due volte e fece i bagagli per la Palestina. Suo fratello Cesare, avvocato a Trieste, guardava già al porto da cui presero il largo migliaia di ebrei costretti a lasciare il proprio paese e decise di seguirlo. E anche Elio, laureato in giurisprudenza e avviato agli studi rabbinici, si avvicinò al padre proponendo di seguire i fratelli, di lasciare insieme l’Italia. La risposta fu ferma, dura, non facile da mandar giù. Eppure quella incrollabile fermezza e quell’infinito amore con cui si trovò alle prese, avrebbe condizionato i destini dell’ebraismo italiano per molti decenni a venire.
“Quando mi trovai davanti a mio padre – ricorda oggi il rav Elio Toaff – compresi che non era possibile una mediazione. Che bisognava restare in Italia e separarmi dai miei fratelli”. Da quel “no” di suo padre sono venuti tanti fatti incancellabili per la minoranza ebraica in Italia. Il suo lunghissimo magistero rabbinico, la sua guida di oltre mezzo secolo della Comunità di Roma, il suo impegno da protagonista nella Resistenza e in tutti i momenti chiave della storia italiana del ‘900.
Suo padre, il rav Alfredo Sabato Toaff, non era solo il rabbino capo di Livorno, ma anche una delle voci più autorevoli della cultura umanistica italiana. Perché non volle lasciarla partire? Non comprese il pericolo, oppure vide ancora più lontano di quando molti videro allora?
Non so, ricorda oggi il Rav, posso solo dire che mio padre non ammise repliche. E così facendo condizionò in fondo tutta la mia vita.
E come spiegò il suo diniego?
“Un rabbino, mi disse, non ha la stessa libertà di scelta degli altri. Un rabbino non abbandona mai la sua comunità”. E fu così che vidi partire i miei fratelli, continuai gli studi, attraversai gli anni delle persecuzioni, accettai la responsabilità di tante comunità, fra cui Ancona, Venezia e infine legai per oltre mezzo secolo il mio lavoro di rabbino a Roma. Ho avuto la fortuna di diventare rabbino al Collegio rabbinico di Livorno. Mio padre fu anche il mio maestro. E non era facile.
Suo padre ha lasciato il segno di una personalità immensa. Studiare con lui le fu di peso, la fece soffrire?
Guardi, mio padre non me ne faceva passare una e forse proprio questa è stata la lezione più grande. Fare il rabbino significa agire secondo giustizia, senza favoritismi. Ma anche lasciarsi portare da un infinito amore. Proprio quello con cui lui mi istruì.
Una lezione che resta valida ancora oggi per i giovani rabbini?
Certo, i giovani rabbini dovrebbero crescere nella fermezza e nell’amore. A loro auguro di ricevere i doni e di trovare le risorse che ho avuto la fortuna di poter raccogliere. Quali?
A loro auguro di avere coraggio, che le delusioni sono sempre pronte fuori dalla porta. A loro auguro di fare un poco di gavetta, che non è bene ricoprire i massimi incarichi senza prima aver conquistato la propria posizione. A loro auguro di avere il tempo e il modo di studiare, che la preparazione non basta mai. E tante altre cose ancora...
Cosa?
A loro auguro di essere equamente retribuiti, che non si può pretendere di avere persone preparate, impegnate e coinvolte se le si fa soffrire con retribuzioni inadeguate. A loro auguro soprattutto di continuare a rappresentare i valori dell’ebraismo italiano. Nei prossimi mesi alcune comunità italiane dovranno affrontare un avvicendamento negli incarichi rabbinici e le giovani generazioni scarseggiano. Che accadrà?
Mi sembra necessario fare un grande sforzo per salvare i valori inestimabili che sono i nostri. Sarebbe un peccato vedere comunità costrette a rivolgersi a rabbini provenienti da lontano, certo autorevoli, ma magari incapaci di comprendere le nostre tradizioni e la nostra mentalità. E anche la nostra lingua.
Lei ha accolto alle porte della sinagoga di Roma il primo papa che fece visita alla comunità più antica della Diaspora ed è sceso in strada per salutare anche la recente venuta di Benedetto XVI. Quali segni di differenza possono essere tracciati fra questi due importanti momenti del dialogo fra le fedi?
Il dialogo è importante, e bisogna andare avanti con coraggio. Giovanni Paolo II era dotato di questo coraggio. L’ho visto e di questo posso testimoniare.
Quando misura con la sua lunga esperienza la vita delle comunità italiane di oggi, quali problemi vede?
Vedo spesso una carenza di misura, di modestia se vogliamo. E talvolta anche di senso dell’umorismo. La litigiosità ebraica è superiore alla media nazionale, il che è tutto dire. Come nel caso di questa tragedia delle ciambellette.
Chi se l’è presa per la proibizione rabbinica di utilizzare a casa propria la farina di Pesach ha esagerato?
Sì, ha esagerato. E ha confuso tradizioni antiche e talvolta fraintese come un diritto acquisito. Non può essere così. E’ ovvio. E non valeva proprio la pena di agitarsi tanto. E segnali di speranza, ne vede?
Certo che ce ne sono. E tanti. Anche questo giornale ne rappresenta uno.
Lei, Rav, non ha mai rinunciato a seguire l’attualità e a leggere il giornale. Quando la vista si è affievolita è stata una sofferenza?
Ho sempre al fianco qualche persona di buon cuore che mi legge i giornali. Pagina su pagina.
A nome di tutta la redazione vorrei ringraziarla di seguire con attenzione anche il nostro lavoro.
Questo è un giornale destinato al successo.
So che è un complimento sincero e mi sento autorizzato a renderlo pubblico. Ma come fa a saperlo?
Lo vedo dallo spirito e dalla generosità con cui i collaboratori offrono il proprio contributo.
Lei, Rav, continua a ricevere la visita di numerose persone che sentono il bisogno di confidarsi, di chiedere consiglio. Cosa cercano, la sua esperienza o la sua amicizia?
Non sono tempi facili, si sentono tante storie di gente che soffre, che non riesce a mantenere un equilibrio all’interno della propria famiglia, che non riesce a dominare i propri istinti. O anche che ha solo bisogno di un consiglio amichevole e di una benedizione.
E a tutti cosa consiglia?
Di avere coraggio. Ma soprattutto di non perdere mai l’occasione di impegnarsi nelle due attività che ci fanno essere noi stessi.
Quali?
Aiutare gli altri. E studiare.
Come agire per svolgerle al meglio?
Non è difficile. Dico sempre a tutti, andate a cercarvi un vecchio solitario. E scacciate la solitudine. Portatelo in giro, regalategli un poco del vostro tempo. Poi dico, se volete salvare la comunità non passi un giorno senza studiare. Ognuno si prenda carico di almeno un’ora di studio al giorno.
Rav, se ci fossero due partiti, quelli che amano le feste di compleanno e quelli che le attendono con insofferenza, a quale vorrebbe aderire?
Sicuramente al secondo. Ma egualmente sono felice che si festeggi il mio compleanno, perché so che è il momento di un saluto sincero con la mia gente, con tutti gli amici che ho amato tanto .
Guido Vitale, Pagine Ebraiche, maggio 2010