sabato 17 novembre 2012

Auguri alla Comunita' islamica che inaugura un proprio luogo di preghiera.

Nel visitare la Moschea di Roma, nel 2006, il Rabbino Capo di Roma ,Riccardo Di Segni, sottolineo' come a precede la visita fosse "una
storia molto antica, di almeno 35 secoli fa, quella di una vicenda
familiare che
ha visto divisi due fratelli, figli dello stesso padre Avrahàm, Ibrahim. La
vicenda dei due fratelli, Ishmaèl-Ismail, e Izchaq, padre di Yaaqov, è
narrata
in modo diverso nei libri a ciascuno di noi sacri. Il rapporto tra i
discendenti
dei due fratelli in tante parti del mondo è stato continuo, spesso
tormentato,
altre volte pacifico e fecondo. Ciò che è importante riconoscere, come
premessa di ogni incontro, è che nessuno di noi dimentica questa ascendenza,
la comune discendenza da Abramo, e che il nostro quindi non è un rapporto
qualsiasi, ma un rapporto tra figli di fratelli"
Sulla base di questa premessa, nel corso della storia purtroppo non sempre realizzatasi in positivo, vadano alla Comunita' islamica livornese gli auguri per la lieta evenienza , nell'auspicio di un comune contributo delle religioni,nel rispetto reciproco e nel rispetto delle comuni leggi dello Stato, all'evolversi della societa' civile ed all'esclusione di ogni forma di fanatismo religioso.

Gadi Polacco
www.livornoebraica.org

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INDIRIZZO DI SALUTO DEL RABBINO CAPO DI ROMA
Grande Moschea di Roma, 13 Marzo 2006
1. Desidero prima di tutto ringraziare il dott. Abdelah Redouane, segretario
generale del Centro Islamico Culturale d'Italia, l'ambasciatore Mario
Scialoia
direttore per l'Italia della Lega Musulmana Mondiale e tutti coloro che
hanno
reso possibile questa visita nella Grande Moschea di Roma, il luogo dove i
fedeli dell'Islam venerano il D. unico, rachùm wechanùn, clemente e
misericordioso. A voi tutti il saluto shalòm 'alekhem, la pace sia su di
voi.
2. Un saluto particolare all'imam Mahmoud Sheweita che non può essere
presente con noi in questo speciale momento.
3. La data di questo incontro è stata fissata da poco, ma ciò che lo
precede è una
storia molto antica, di almeno 35 secoli fa, quella di una vicenda
familiare che
ha visto divisi due fratelli, figli dello stesso padre Avrahàm, Ibrahim. La
vicenda dei due fratelli, Ishmaèl-Ismail, e Izchaq, padre di Yaaqov, è
narrata
in modo diverso nei libri a ciascuno di noi sacri. Il rapporto tra i
discendenti
dei due fratelli in tante parti del mondo è stato continuo, spesso
tormentato,
altre volte pacifico e fecondo. Ciò che è importante riconoscere, come
premessa di ogni incontro, è che nessuno di noi dimentica questa ascendenza,
la comune discendenza da Abramo, e che il nostro quindi non è un rapporto
qualsiasi, ma un rapporto tra figli di fratelli.
4. Una strana contingenza storica, segno dei nuovi tempi che stiamo
vivendo in
questa generazione, ha posto improvvisamente la nostra comunità ebraica di
Roma, che è la più antica nel mondo cristiano per presenza ininterrotta,
davanti a un mondo -quello dell'Islam- finora sconosciuto agli ebrei
locali, ma
d'altra parte ben noto al folto gruppo di ebrei che dalla Libia è venuto
in Italia
nel 1967. L'antico fratello che ora si affaccia a Roma non può essere
ignorato
ed è ora per guardarsi in faccia, parlarsi ed aprirsi le porte.
5. L'afflusso in massa in Europa di fedeli dell'Islam in brevissimo tempo ha
posto problemi di integrazione sui quali si dibatte continuamente. I
problemi
di integrazione non sono per noi una novità, ma rappresentano una costante
della nostra esperienza comunitaria, spesso dolorosa. Quando ad esempio si
parla del rischio attuale di "ghettizzazione" delle nuove comunità
immigrate,
non si può ignorare che il ghetto era il luogo di residenza coatta degli
ebrei e
che in questa città è finito solo nel 1870. Conosciamo i problemi che vi
preoccupano: la trasmissione dell'identità, l'educazione scolastica in
rapporto
con il sistema pubblico, l'insegnamento della religione e della lingua
araba, la
formazione delle guide spirituali, la tutela delle norme religiose:
dalla giornate
festive alla preghiera alle regole alimentari. Su questi temi,
ovviamente nelle
reciproche differenze, come ebrei italiani qui presenti da 20 secoli abbiamo
avuto un lungo rapporto con la realtà circostante e siamo riusciti
faticosamente
ad elaborare delle soluzioni e dei modelli di convivenza. Per questi motivi
riteniamo che la nostra esperienza possa esservi quanto mai utile in questo
processo difficile di integrazione e siamo pronti a comunicarvela.
6. In altri momenti della storia, seppure in condizioni molto diverse da
quelle
attuali, le comunità ebraiche disperse nel mondo islamico sono riuscite a
stabilire con questo un sapiente rapporto di rispetto reciproco. Dobbiamo
preservare la coscienza che la differenza di religione non debba mai
tradursi
come tale in ostilità. Per noi ebrei è stato scontato –anche in questa
cittàreagire
e protestare contro le vignette satiriche nei confronti di ciò che è sacro
all'Islam, e manifestarvi la nostra solidarietà. La lotta contro
l'Islamofobia e
l'antisemitismo devono procedere parallele.
7. Con lo stesso spirito di rispetto dobbiamo vigilare per impedire che
la violenza
e l'odio, da qualsiasi parte provengano non si alimentino con la
religione; il
terrorismo in nome di D. è una bestemmia. Il Talmud, come il Corano
affermano il principio per cui "chi salva una vita umana è come se
salvasse un
mondo intero e chi la distrugge è come se distruggesse un mondo intero":
8. Nel processo di pace in Medio Oriente il nostro dovere come esponenti
religiosi è di accompagnare israeliani e palestinesi nel cammino fino ad
oggi
difficile nella ricerca della pace, per il bene delle due parti e del
mondo intero,
tramite il dialogo e il negoziato.
9. Il dialogo tra fedi differenti è una realtà consolidata e degna di
rispetto a
Roma. Il rapporto tra cristiani ed ebrei ha raggiunto obiettivi
significativi. Ma
anche il dialogo tra noi è da tempo iniziato anche in questa città. Con
alcuni di
Voi abbiamo lavorato su obiettivi di comune interesse, come la tutela delle
regole alimentari, insieme abbiamo dato prova della nostra volontà di
collaborazione e confronto amichevole in un numero considerevole di
manifestazioni su temi religiosi, sulla bioetica e di testimonianza nel
dibattito
civile. Dobbiamo fare in modo che questo lavoro non rimanga isolato, che non
venga soffocato da esempi e ondate di intolleranza, che la
collaborazione e la
comunicazione crescano. Dobbiamo riuscire a dimostrare, che in questa città,
come in tante altre parti del mondo, la fedeltà di ognuno ad una religione
diversa non è causa di odio ma apporta pace e ricchezza spirituale al mondo.
10. Concludo estendendo un cordiale invito al Segretario Generale, al
Direttore
della Lega Musulmana e all'Imam a visitare presto in modo ufficiale la
nostra
Sinagoga.



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