XV Giornata della Memoria
Saluto di apertura – G. Ottolenghi (Presidente, Museo Ebraico di Bologna)
Autorità, cittadini, amici, apriamo oggi le iniziative per la XV Giornata della Memoria.
Essa fu infatti istituita nel 2000 e da quindici anni noi del Museo, insieme alla Comunità
Ebraica, alle Autorità e a molti cittadini sensibili, ci ritroviamo per proporre iniziative cheaiutino il mantenimento della memoria e la comprensioni dei meccanismi che possono
portare alla persecuzione e alla perdita dei valori fondamentali della civile convivenza.
Alcuni hanno voluto concentrare queste iniziative in slogan ricchi di pathos come: "Mai
più!". Io ho sempre cercato, sia occupandomi della Comunità che del Museo, di trovare
occasioni di approfondimento dei temi della memoria, e di ricavarne insegnamenti utili per
l'attualità. Oggi, dopo gli attentati del 7 e 9 gennaio a Parigi contro la rivista satirica
Charlie Hebdo e contro la comunità ebraica, credo che alcune riflessioni scomode siano
obbligatorie:
Nello stesso anno di istituzione della giornata delle Memoria, il 2000, molti autorevoli
politici sfilavano nelle strade d'Europa paragonando Gaza ad Auschwitz, questo si è
ripetuto molte volte in seguito, rendendo sterili sia i tentativi di comprendere la Shoah
sia quelli di ragionare sul conflitto mediorientale;
Nei medesimi anni, in tutta Europa sono aumentate le azioni di odio e assalto agli ebrei
e alle istituzioni ebraiche: oltre il 90% di tali assalti è frutto di antisemitismo islamico,
che si è affiancato ed ha superato quello neo-nazista, che pure sussiste;
Il negazionismo dell'Olocausto, un tempo in Europa proprietà intellettuale pressoché
esclusiva dell'estrema destra, oggi fiorisce nel mondo islamico ed è un dogma del
fondamentalismo, ripetuto sia dall'Islam sciita iraniano, sia da quello sunnita arabo, che
nella stessa frase negano l'Olocausto, auspicandone al contempo un secondo con la
distruzione d'Israele;
Sempre in questi anni sono stati dissacrati cimiteri, incendiate scuole e sinagoghe,
uccisi studenti all'uscita da scuola ebraiche, aggredite persone in strada perché
visibilmente ebree, si può gridare morte agli ebrei nelle strade europee restando
impuniti, e molti ebrei lasciano l'Europa per Israele, rassegnati all'idea che
l'antisemitismo non muore mai. Tutto ciò malgrado la Shoah, le leggi e 15 anni di
Giornata della Memoria;
Esiste un vivo dibattito sul ruolo della Chiesa durante la Shoah, che lasciamo agli
storici, ma è pensiero condiviso che l'antisemitismo europeo si sia nutrito anche del
cosiddetto "insegnamento dell'odio" insito nella dottrina della Chiesa sugli ebrei: dagli
anni 1950 la Chiesa ha fatto uno straordinario sforzo per riflettere e approfondire la
fondatezza teologica di questo tipo di insegnamenti, e con la dichiarazione Nostra
Aetate ha posto le basi per una diversa e meno preconcetta sensibilità del mondo
cristiano verso gli ebrei e le altre fedi;
Un percorso simile all'interno dell'Islam è solo agli inizi, e pochi individui coraggiosi
ma isolati contestualizzano i testi religiosi offrendo interpretazioni che consentono la
pacifica convivenza. Per contro tale processo in occidente si è consolidato nei secoli,
anche se non c'è conquista umana che sia raggiunta una volta per tutte. I libri di testo e
le prediche religiose nelle moschee spesso contengono ancora la dimensione
dell'incitamento all'odio, e il potente disprezzo per l'infedele è pervasivo: tale concetto
nega la natura umana dell'avversario, e per chi è religioso nega che il prossimo sia
anche lui a immagine divina. Questo metodo non è prerogativa dell'Islam, e anzi
proprio l'occidente ha molte volte utilizzato l'odio per l'infedele. Tuttavia secoli di
violenza e di sofferto dibattito culturale lo hanno felicemente depotenziato ed
emarginato in Europa.
Oggi al Museo Ebraico di Bologna inauguriamo la mostra "A lezione di razzismo". Essa ci
fa capire come è nell'educazione, nei libri di scuola, nell'insegnamento ai ragazzi che il
fascismo costruì le sue politiche razziste e insegnò l'odio per gli ebrei e il disprezzo dei
diversi, così come hanno sempre fatto tutti i regimi totalitari. Ma il suo insegnamento è di
costante attualità: cosa insegnano quanto a tolleranza e rispetto del prossimo i libri di
scuola siriani? Cosa predicano gli imam in Libia o in Pakistan, o anche in molte città
europee? Oggi potremmo proporre una mostra del tutto simile sull'insegnamento dell'odio
per gli ebrei in vaste aree geografiche. E nei nostri libri di testo, quelli che insegnano la
storia contemporanea e i conflitti di attualità, cosa scriviamo? Da settant'anni spieghiamo
tutto col colonialismo, le colpe delle potenze occupanti, il diritto al vittimismo del resto
del mondo e poco altro. Questo ha cresciuto anche in occidente generazioni incapaci di
vedere la complessità delle dinamiche politiche in varie parti del mondo, la difficoltà delle
società di evolvere da un modello di controllo clericale, che assicura stabilità nella povertà
e nell'immobilismo sociale, ad uno basato su qualche forma di separatezza tra stato e
religione. Tale separatezza accresce le opportunità di libertà e benessere, ma rende più
precarie le posizioni di rendita e potere consolidate nei secoli, e scatena una ostilità
profonda e violenta a ogni libertà. La parzialità ed inefficacia degli insegnamenti nostrani
hanno anche costituito la base ideologica per giustificare fiumi di miliardi di Euro che
dall'Europa vanno a sostenere tiranni e modelli politici insostenibili, e le reti economiche
(o forse si dovrebbe dire onestamente le mafie) che li sostengono. Al contempo neanche
qualche milione di Euro va a sostenere il coraggioso e essenziale lavoro culturale che
fanno una ammirevole e influente minoranza di imam, pensatori, filosofi e scrittori
musulmani.
Gli amanti della retorica da 15 anni nella giornata della memoria dicono "Mai più!", ma
quasi nessuno sa dire quali valori sono irrinunciabili perché non torni il sonno della
ragione. Forse "Mai più" sta arrivando. La libertà non è gratis, e ci chiede di pensare,
almeno di tanto in tanto, con la nostra testa e non con quella degli altri. Dunque oggi vi
invito ad accendere il buon senso e spegnere il senso comune:
Ricordiamoci che la persecuzione degli ebrei è sempre stata nella storia e sarà sempre
l'antipasto di orrori più grandi: i Paesi arabi che hanno espulso ed espropriato oltre
800.000 ebrei tra il 1948 e il 1962 hanno poi sostanzialmente eliminato la popolazione
cristiana, e alla fine sono i cittadini musulmani a soffrire. Questo non è un caso né un
mistero, poiché il messaggio ebraico, incarnato spesso inconsapevolmente, è un
messaggio di libertà, di uguaglianza di fronte alla legge e di fiducia nel dibattito come
strumento di miglioramento, è un messaggio di modernità: dove questo messaggio è
inaccettabile sempre si addensano le nubi della cultura totalitaria.
Chiediamoci onestamente se il conflitto israelo-palestinese è davvero la spiegazione di
tutti i mali del mondo, o se è solo un "di cui" di un processo di trasformazione del
mondo islamico, la cui soluzione è purtroppo subordinata a un più profondo e lungo
percorso sociale e culturale, che finora noi abbiamo ignorato. Chiediamocelo perché
alla presunta centralità di tale conflitto è associata una generale ostilità per gli ebrei
fondata sul rifiuto della legittimità di Israele.
Chiediamoci se il conflitto di civiltà è l'unico esito possibile della situazione che
viviamo oggi, o se la cultura può offrire risposte pratiche.
Il nostro Museo è stato, e spero continui ad essere, uno dei luoghi di confronto
interreligioso. Abbiamo buoni rapporti con una parte della comunità islamica e
desideriamo approfondirli e ampliarli, vogliamo capire nel variegato mondo dell'Islam
qual è l'immagine dell'ebreo. Pur con le nostre limitate risorse vogliamo coinvolgere
pensatori di frontiera che ci aiutino a ricordare le sfide e le difficoltà affrontate in
occidente nel passare da società a controllo clericale a società aperta, e a valutare se sono
percorsi almeno in parte utili al mondo musulmano. Oggi non ci sono europei che si
imbarcano a migliaia clandestinamente per andare nella sponda sud del mediterraneo, e se
il flusso è inverso è perché le persone consciamente o inconsciamente fuggono da un
modello economico e sociale talmente insopportabile da far loro affrontare grandi rischi.
Arrivati in occidente alcuni hanno soddisfazioni, altri delusioni, e tutti devono comunque
affrontare il tema della propria identità, e della convivenza nel proprio animo di identità
multiple, che è tipico della modernità. Anche se ciò non è facile e forse genera rigetto,
penso che pochi desiderino ricostruire per i loro figli in occidente il modello sociale e
religioso da cui sono fuggiti. Vi è dunque spazio per la cultura, per l'approfondimento,
purché si chieda sempre e con fermezza, [fuori e dentro al mondo islamico], che si isoli e
poi si spenga l'insegnamento dell'odio.
Questo credo che si dovesse dire oggi per evitare che la Giornata della Memoria sia un rito
stanco, e Vi ringrazio di avermi ascoltato.
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