Due notizie non collegate tra loro, un inatteso ritrovamento e la proposta di ripristino di una targa frettolosamente rimossa, costringono ancora una volta Livorno a fare i conti con un recente passato persecutorio che tradì la secolare storia di pacifica condivisione tra cittadinanza e Nazione ebraica. Le ruspe del Comune sono al lavoro in via Padula. Nel corso delle operazioni di demolizione una drammatica scoperta: la scavatrice rinviene frammenti di lapidi e arredi funebri. Gli operai in servizio non sono archeologi ma convengono di trovarsi davanti a una scoperta quantomeno singolare. Vengono così contattati enti e istituzioni. Gli accertamenti rivelano una verità dolorosa: gli oggetti proverrebbero dall’antico cimitero ebraico di Livorno attivo da fine Seicento a metà Ottocento. Con la promulgazione delle leggi razziste il cimitero venne infatti smantellato: lapidi e altri arredi furono in gran parte sottratti e utilizzati come materiale da costruzione. Nel caso del rinvenimento in questione si tratta di un blocco di manufatti impiegati per finalità edilizie tra 1940 e 1941, arco di tempo in cui i caseggiati adesso demoliti videro la luce. In attesa di una cernita più precisa del materiale è stato deciso di separare le pietre che mostrano segni particolari dal resto delle macerie per poi trasportarle nell’attuale cimitero ebraico dove si provvederà all’inventario e (quando possibile) alla ricomposizione. Il Comune di Livorno ha garantito piena disponibilità e massima collaborazione con la Comunità ebraica nel proseguo delle operazioni. “La possibilità di ricomporre oggi quanto fu distrutto allora è un preciso dovere che l'amministrazione comunale intende perseguire" dice l’assessore alla cultura Mario Tredici. Il Cimitero Nuovo di Livorno fu attivo fino agli anni trenta dell’Ottocento quando venne interdetto a causa della vicinanza alla città sviluppatasi ormai fino a contare circa 70mila abitanti. Un secolo più tardi l'area del cimitero fu espropriata e devastata dal regime fascista e nel secondo dopoguerra vi fu costruito un vasto complesso scolastico che condannò a un sostanziale oblio il passato utilizzo del lotto di terra. “In quell'istituto – racconta il consigliere della Comunità ebraica di Livorno Gadi Polacco – insegnò, assai stimato come in tutti gli altri aspetti della sua vita, il professor Renzo Cabib (z.l.), storico presidente della Comunità ebraica che più volte in occasione di lavori all'immobile venne chiamato per rilevare ritrovamenti di lapidi. È curioso che, pur ben contestualizzando storicamente i fatti e quindi genuinamente inquadrando quanto accadde e le responsabilità del regime fascista, sia Wikipedia che ancora oggi i giornali usino termini piuttosto delicati per riferirsi alle sorti di quel luogo di sepoltura: Il Tirreno scrive ad esempio che venne smantellato. Se come è probabile si appurerà che i marmi provengono dal Cimitero Nuovo si avrà invece la nuova, ulteriore e cruda evidenza che il fascismo deliberatamente profanò quelle tombe per usarle nella costruzione delle case popolari in via della Padula che risalgono proprio al famigerato ventennio. Appare quindi difficile concordare con l'annotazione, riportata dal maggior quotidiano cittadino con genuina indulgenza, secondo la quale furono le ristrettezze di quel periodo storico a indurre a usare lapidi e arredi funebri come semplice materiale da costruzione. Nel passato di Livorno, occorre prenderne atto e le parole dell'assessore Tredici direi che vanno in quel senso, purtroppo non ci sono state solo le Costituzioni Livornine e quel vento di libertà che certamente caratterizza la città labronica”. In conclusione Polacco formula all’amministrazione comunale una proposta per rendere giustizia alle vittime dell’ignominia fascista: “Magari di questo trascorso scomodo che è comunque parte della storia cittadina se ne potrebbe dare ricordo visivo proprio in prossimità dell'attuale istituto scolastico”, chiede l’ex consigliere UCEI. Quella delle lapidi trafugate non è l’unica notizia legata alla Memoria su cui si dibatte attualmente a Livorno. Negli scorsi giorni infatti il mensile Livorno non stop ha rispolverato un vecchio cavallo di battaglia: la proposta di ripristino della strada un tempo dedicata al professor Gustavo Uzielli, insigne studioso, accademico e patriota italiano (in gioventù vestì la camicia garibaldina) a cavallo tra Ottocento e Novecento. Nel 1938 la via a lui intitolata venne trasformata per volere del regime in via Tommaso Corsi, protagonista del Risorgimento anch'egli ma a differenza del predecessore immune dalla grave colpa di essere ebreo. Nell’articolo a firma di Cesare Favilla il mensile si sofferma sulla memorabile vicenda intellettuale e filantropica di Uzielli augurandosi, in prossimità del centenario della sua morte (che cadrà in data 20 marzo), la fine di questo grave torto toponomastico perpetrato nei confronti di un uomo che ebbe tra i suoi tanti meriti quello di fondare un istituto glorioso come la Società Geografica Italiana e di dare ulteriore impulso agli studi leopardiani con una ingente donazione documentale al nascituro museo dedicato al Genio nella località natia di Vinci. In attesa di eventuali quanto auspicati sviluppi interviene nel merito della vicenda anche Andrea Iardella, tra i fondatori della locale Associazione per l’Amicizia Ebraico-Cristiana. “Possibile – si chiede in una nota pubblicata sul blog Comunitando – che il Comune di Livorno e quanti si occupano della toponomastica cittadina non sentano il dovere di riparare quell'antica ingiustizia?” Adam Smulevich | |
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