Accesso a "EBRAISMO LIVORNESE"
martedì 28 aprile 2009
La "Melody", la security israeliana ed il pirata commentatore
dei pirati", intervistato sulla vicenda del mancato arrembaggio della
MSC Melody, la bella nave da crociera (tante volte ormeggiata nel porto
di Livorno) difesa con successo dalla sicurezza israeliana che ha bordo
e dal sangue freddo del comandante e del suo equipaggio.
"France Presse" l'ha raggiunto telefonicamente, si apprende, nel suo
rifugio di Ely, a circa 800 chilometri da Mogadiscio.
Parla come l'allenatore,anzi "il mister", di una squadra di calcio che
perso un importante incontro non invoca la solita sfortuna, il terreno
duro, il maltempo od altro ma,anzi, rende onore all'avversario più
bravo, analizza tecnicamente lo scontro (è il caso di dirlo) e prende i
suoi bravi appunti, stile Mourinho.
E' su tutti i giornali, o comunque su molti, con foto : è stato
raggiunto evidentemente ad un suo numero di telefono qualcuno noto e
pare che se ne conosca,forse più o meno, anche la residenza.
Sembra quasi un Bandito d'altri tempi, con la B maiuscola : qualcuno
potrebbe magari scambiarlo per un novello Robin Hood, ma non lo è.
E' un pirata,seppur in versione moderna ,con tanto di vittime innocenti
causate senza tanti scrupoli.
E allora, com'è che c'è chi riesce a telefonargli a casa, ma non viene
preso, e perchè gli viene dedicato tanto spazio sui media?
Misteri moderni....
venerdì 24 aprile 2009
25 aprile 2009 (da www.brigataebraica.org)
IL CONTRIBUTO DELLA BRIGATA EBRAICA ALLA LIBERAZIONE DELL'ITALIA.
E' noto che la Brigata Ebraica, costituita da volontari ebrei provenienti dalla Palestina, allora sotto Mandato britannico, fu istituita da Churchill, d'accordo col Presidente americano Roosevelt, nel settembre del 1944, aderendo con una certa riluttanza alle molteplici richieste dell'Agenzia Ebraica che, fino dal settembre del 1939, aveva offerto l'appoggio della Comunità ebraica di Erez Israel allo sforzo bellico degli alleati.
Ma facciamo un passo indietro. Il 29 agosto del 1939, due giorni prima dell'invasione tedesca della Polonia, atto d'inizio della II Guerra Mondiale, Chaim Weizmann, leader del Movimento Sionista, comunicava al Governo britannico, che, nell'imminenza di un conflitto con la Germania, gli Ebrei di Palestina avrebbero collaborato attivamente con la Gran Bretagna.
L'Inghilterra non era particolarmente entusiasta dell'offerta ebraica sia per non suscitare reazioni del mondo arabo, sia per precludere una possibile futura richiesta ebraica di dare vita ad uno Stato ebraico in Palestina.
Ma, nonostante la fredda risposta britannica, su una popolazione ebraica residente in Palestina di circa 550 mila persone, 30 mila tra uomini e donne si presentarono alle autorità inglesi come volontari.
Nel 1941, pressato dagli eventi bellici, il comando militare britannico del Medio Oriente, diffuse un appello per un reclutamento individuale. Si presentarono volontari arabi ed ebrei che furono inseriti nelle varie unità dell'esercito inglese, più tardi entrate nel Palestine Regiment. Furono anche costituite piccole unità ausiliarie composte da personale specializzato per essere impiegate in caso di necessità.
Tali compagnie (PLUGOT) , composte di circa 250 elementi ciascuna, comprendevano originariamente arabi ed ebrei, ma, per le difficoltà di coesistenza tra i due gruppi e per l'alto numero di diserzioni arabe, finirono per essere costituite solo da personale ebraico. I membri delle PLUGOT godevano di una certa libertà di movimento ed erano connotati dalla dicitura "PALESTINE" sulle spalline della divisa. Elementi appartenenti alle PLUGOT giunsero in Italia nel corso degli sbarchi alleati; le PLUGOT non vanno confuse con la Brigata ebraica che si formò solo nel novembre del '44. E' interessante notare che la notizia della costituzione di una unità combattente ebraica (per la prima volta dopo circa 20 secoli!) suscitò la scomposta reazione della propaganda tedesca a cui si un“ quella della Repubblica di Salò. Con rabbia e sarcasmo le emittenti tedesche criticavano Churchill per aver permesso "ai giudei di avventarsi come cani idrofobi contro il popolo germanico.....Il popolo inglese si è abbassato fino al punto di sguinzagliare la sanguinaria brigata giudaica".
Ma torniamo alle PLUGOT, i cui componenti, generalmente molto motivati in quanto provenienti dai Kibuzim e dalla Haganà (organizzazione militare preposta alla difesa della popolazione ebraica in Palestina) si attivarono per ridar vita alle Comunità ebraiche sconvolte dalla guerra. Si erano arruolati non solo per combattere i tedeschi, ma anche per portare soccorso a quanti erano scampati alle persecuzioni oltre che per diffondere l'idea sionistica quale soluzione ai problemi degli ebrei della diaspora. Al termine del conflitto si prodigarono nella riorganizzazione delle Comunità ebraiche curando soprattutto il settore giovanile e in primo luogo la riapertura delle scuole e l'istituzione di centri culturali e sociali. Si distinsero anche nelle attività assistenziali rivolte ai numerosi profughi non italiani. A sbarcare per prima in Italia, più precisamente in Sicilia nell'agosto del '43, fu una piccola unità addetta a un deposito cartografico (20° Map Depot). Ai suoi componenti fu riferito che in Italia nessun ebreo era sopravvissuto alle deportazioni. Ma nessuno li aveva informati che, per quanto attiene alla Sicilia, la presenza ebraica era da secoli insignificante. Nel settembre del '43, sbarcò a Salerno un distaccamento della 148° compagnia "autocisterne - acqua" che si distinse nel compito di rifornire d'acqua la popolazione napoletana e nel prestare aiuto agli ebrei della città. Altre compagnie autotrasporti giunsero nei giorni successivi. In ottobre, membri di queste compagnie incontrarono gruppi di ebrei Jugoslavi giunti fortunosamente sulle spiagge meridionali italiane. Fu questo il primo commovente incontro tra militari ebrei e profughi scampati ai lager nazisti.
Nel novembre del '43 sbarcava a Taranto la 1a compagnia Genio (mimetizzazione), specializzata nel realizzare finte strutture militari per ingannare i comandi tedeschi.
I suoi membri si distinsero per aver saputo escogitare brillanti soluzioni per raggiungere lo scopo.
I membri delle PLUGOT sparsi nel territorio liberato dai tedeschi ammontavano a più di tremila uomini. Allo scopo di coordinare l'attività delle varie Compagnie nell'opera di soccorso ai profughi ebrei che stavano affluendo nell'Italia meridionale, venne costituito a Bari un "Centro profughi". Con la liberazione di Roma (giugno '44) questo fu trasferito nella capitale. Il 15 luglio, nell'Oratorio di V.Balbo si tenne un incontro al quale presero parte rappresentanti delle varie unità militari e il Rabbino dell'VIII armata inglese.
Furono affrontati i gravi problemi della Comunità Ebraica di Roma. Successivamente altri centri operativi furono istituiti a Ancona, Fano, Faenza, Ravenna, Firenze, Arezzo, e Siena.
Dopo la liberazione, centri analoghi furono costituiti in varie città dell'Italia settentrionale.
Tra le attività finalizzate al recupero dei giovani scampati alla Shoà, vennero istituiti centri di preparazione professionale (Hakhsharot), per quanti fossero interessati a "salire" in Terra d'Israele. Si trattava di centri agricoli sul modello del Kibbuz. Le prime strutture di questo genere sorsero a Bari (1944) per accogliere profughi iugoslavi e giovani cecoslovacchi e, poco più tardi, nei pressi di Foggia.
Nell'opera di soccorso e specialmente nel campo dell'assistenza sanitaria, si distinsero ausiliarie femminili sbarcate a Taranto nel maggio del '44.
L'attività dei militari ebrei nell'opera di ricostruzione morale e materiale delle comunità ebraiche delle città via via liberate è stata veramente meritoria.
Le Comunità erano in stato disastroso. Ai sopravvissuti, sbigottiti dall'immane tragedia che li aveva colpiti, i giovani militari ebrei infusero incoraggiamento, entusiasmo e voglia di vivere. L'incontro con militari le cui insegne recavano il simbolo ebraico della stella a sei punte, fu per gli scampati, motivo di emozione e di orgoglio.
Si devono ai giovani militari i primi provvedimenti per la riattivazione delle istituzioni comunitarie a cominciare dalla registrazione degli ebrei presenti , dalla riapertura delle scuole e con la riattivazione della DELASEM (Delegazione Assistenza Emigrati), benemerita organizzazione per l'assistenza ai profughi.
Allo scopo di preparare istruttori in grado di risollevare le Comunità ebraiche del Centro e del Nord Italia, furono organizzati a Roma appositi Seminari.
Lo stesso personale fu anche impiegato per dar vita, come si è detto, alle Haksharot, centri predisposti per avviare i giovani alla Terra dei Padri soprattutto per colonizzare zone incolte del deserto. Ne furono istituite nei pressi di Roma, Firenze, Livorno e Ancona.
I soldati delle Compagnie, per provvedere alle necessità dei sopravvissuti, collaborarono con l'American Joint Committee e l'UNRRA e spesso non esitarono a prelevare disinvoltamente materiale dai magazzini militari inglesi.
Molti ricordano ancora di aver frequentato la scuola riaperta dai militari a Firenze nei locali attigui alla sinagoga di via Farini. Altre scuole furono aperte a Livorno e a Siena.
Le varie PLUGOT chiesero più volte invano di essere incorporate nei ranghi della Brigata ebraica combattente. Solo tre Compagnie furono accettate perchè ritenute indispensabili a completare i ranghi della Brigata.
Tra le attività delle PLUGOT, va ricordata l'opera di una compagnia del Genio, la 745a, composta da membri del Solèl Bonè ( impresa edile della confederazione dei lavoratori di Erez Israel). Questa riuscì, in tempi brevi, a riattivare un ponte sul Po, nei pressi di Lagoscuro. Il ponte era stato distrutto dai tedeschi in ritirata e la sua ricostruzione permise ai carri americani di irrompere nella Pianura Padana.
A fine maggio del 1945, le Compagnie Genieri e Trasporti furono trasferite nel nord Italia e si prodigarono per riattivare le comunità ebraiche di Milano, Trieste, Venezia, Padova e Torino. I loro membri collaborarono con il centro di coordinamento per l'assistenza istituito a Milano in via Unione e all'istituzione di Hakhsarot a Brivio e Ceriano Laghetto nei pressi del Lago di Como.
Le attività belliche della Brigata Ebraica durarono circa sette settimane, ma l'azione delle PLUGOT si protrasse molto più a lungo. Poi le Compagnie furono smobilitate e iniziò il rimpatrio dei soldati. Ma alcuni restarono in Italia come civili per proseguire l'opera di sostegno e soccorso ai sopravvissuti.
Non va sottaciuto che le attività della Brigata e delle PLUGOT sono state una scuola di guerra per coloro che entrarono a far parte dell'esercito del nuovo Stato d' Israele. E' giusto quanto afferma Romano Rossi che " la Brigata Ebraica divenne la struttura portante delle nascenti forze armate israeliane".
Ai membri della Brigata Ebraica e delle PLUGOT, va la riconoscenza della comunità ebraica italiana e delle migliaia di profughi assistiti durante la loro permanenza nella Penisola.
Rav Luciano Caro
Rabbino capo della comunità ebraica di Ferrara e delle Romagne
(Tratto dal libro “La Brigata Ebraica – fronte del Senio 1945” di Romano Rossi, per gentile concessione dell’autore)
Per informazioni e contatti: info@brigataebraica.org
25 aprile 2009
25 aprile - I mille ebrei italiani che combatterono per la libertà
Il 25 aprile è la data convenzionale nella quale con gioia celebriamo la Liberazione d’Italia dalla Repubblica Sociale Italiana e dall’occupazione del III Reich nel 1945. In effetti gli Alleati erano sbarcati in Sicilia nel luglio 1943 e Roma e Firenze vennero liberate nel 1944; ma fu nell’ultima decade dell’aprile 1945 che partigiani e alleati raggiunsero le città del nord della penisola. La Liberazione fu il risultato di un vasto e complesso impegno militare e politico.
Tra i combattenti della Resistenza italiana, vi erano circa mille ebrei, un decimo dei quali fu ucciso in Italia o in deportazione (alcuni furono deportati quali ebrei, altri come politici). Alcune decine di essi erano stranieri, giunti nella penisola nei decenni precedenti, o dopo il 1933 tedesco, o negli ultimi anni di guerra. Molti altri ebrei, provenienti da vari paesi e continenti, combatterono in Italia sotto la bandiera della Brigata ebraica o - anch’essi spesso volontari - nei reparti statunitensi e inglesi; tra essi vi furono alcuni italiani emigrati, che scelsero di rientrare a combattere in Italia per l’Italia.
A differenza di quanto accadde in alcune aree europee, i partigiani ebrei italiani non costituirono “raggruppamenti ebraici”. I più aderirono alle formazioni comuniste “Garibaldi” e a quelle azioniste “Giustizia e Libertà”. Vari furono “commissari politici” o svolsero incarichi dirigenti, anche nazionali. Erano quasi tutti maschi, anche perché sulle donne - più libere di muoversi senza destare sospetti - pesava maggiormente il compito di proteggere le famiglie nascoste.
Accanto ai partigiani in senso stretto, altri ebrei furono impegnati in quella che gli storici definiscono “resistenza civile”: l’elevatissima percentuale di rabbini deportati attesta il loro impegno a mantenere vivo l’ebraismo; e molti ebrei braccati poterono sopravvivere anche grazie ad eroici (e talora caduti) attivisti della Delasem e di altri network di soccorso.
La morte e la vita degli ebrei d’Europa e d’Italia dipesero dagli insuccessi e dai successi di chi combatté nazisti e fascisti, ebreo o non ebreo che fosse. Gli ebrei partigiani in Italia furono e resteranno i secondi genitori dei loro confratelli che il 25 aprile riottennero il diritto alla vita, alla libertà, alla democrazia. I circa cento ebrei caduti nella lotta ci sono particolarmente cari (non posso qui non ricordare Gianfranco Sarfatti, che portò al sicuro i genitori in Svizzera e poi rientrò a combattere e morire in Valle d’Aosta). Di un altro caduto, Emanuele Artom, possiamo leggere i “Diari”, ripubblicati l’anno scorso da Bollati Boringhieri a cura di Guri Schwarz. Sono pagine ricche di vita ebraica e di vita partigiana. Alla data del 1 dicembre 1943, riferendo dell’ordine di arresto di tutti gli ebrei emanato il giorno precedente dal governo fascista, il giovane ebreo piemontese scrive: “Che cosa ne sarà della mia famiglia? Forse non vedrò più né mio padre né mia madre. In questo caso chiederò al comandante di essere mandato in una missione tale da essere ucciso”. Fu invece lui a essere arrestato, durante un ripiegamento, da SS italiane: denunciato da una spia quale commissario politico e quale ebreo, Emanuele Artom morì in carcere il 7 aprile 1944 dopo sevizie inenarrabili.
Michele Sarfatti, direttore Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea
lunedì 20 aprile 2009
A CENTO ANNI DALLA NASCITA DI INDRO MONTANELLI
INDRO MONTANELLI
*
"Le assicuro che non leggo la sua lettera con gli occhi iniettati dal
sangue degli ebrei massacrati in questi ultimi giorni. E nemmeno e' quel
sangue che mi detta la risposta che le avrei comunque dato anche un mese
o un anno o dieci anni fa; ma solo l' impulso di reagire alla palese
confusione tra causa ed effetti che sta alla base di tutto l'
antisemitismo ed in cui mi sembra che anche lei supinamente cada. Il
ghetto, caro Milani, non e' un' invenzione degli ebrei per isolarsi da
noi cristiani (con tante scuse a Cristo per l' uso che facciamo del Suo
nome); e' un' invenzione cristiana per isolare gli ebrei che hanno
sempre lottato per uscirne ed inserirsi nelle nostre societa' . Certo
volevano farlo restando fedeli ai loro costumi, tradizioni e cultura, e
soprattutto senza rinnegare la loro religione che oltre tutto era e
resta la madre di quella nostra. Ci siamo dimenticati che Gesu' era
ebreo ed ebrei erano i suoi Apostoli, compresi quelli . Pietro e Paolo .
che vennero a Roma non per richiudersi nel ghetto . che ancora non era
stato inventato ., ma a rivelare il Verbo di Cristo a noi che non lo
conoscevamo? Ma lasciamo pur andare questi precedenti che tuttavia
dovrebbero insegnarci qualcosa. E veniamo ai giorni nostri. Se c' era un
Paese in cui una questione ebraica non esisteva perche' gli ebrei vi si
erano perfettamente inseriti era l' Italia, almeno da quando si era
sottratta al potere della Chiesa. Io ho conosciuto e tuttora conosco
molti ebrei molto piu' italiani di molti italiani: generali, ammiragli,
ambasciatori, volontari della prima guerra medaglie d' oro, perfino
ardenti fascisti perche' convinti che il fascismo fosse un movimento di
riscossa nazionale. E questa condizione di privilegio non soltanto
politica ma anche morale, in quanto riprova di un' altissima civilta' ,
noi ce la giocammo nel ' 37 non sotto la spinta di un' ondata
antisemita, che in Italia non c' era ne' poteva, per le suddette
ragioni, esserci, ma solo per fare un omaggio al signor Hitler. Ecco
come siamo diventati complici di Auschwitz. E mi dispiace di doverglielo
dire, caro Milani. Ma e' il complesso di colpa che ci deriva da questa
complicita' ad alimentare l' antisemitismo italiano. Che e' , grazie a
Dio, poca cosa. Ma particolarmente vergognoso perche' non attinge ai
sottofondi dell' animo popolare; e' soltanto il "colpa tua" del bulletto
che col motorino ha investito il passante. Io non sono ebreo. Ma lo dico
con rincrescimento. Almeno un po' , vorrei esserlo. Una volta mi ci
provai chiedendo a Golda Meir, la Thatcher "avanti lettera" d' Israele,
di sposarmi. Mi rispose con suprema modestia: "Non mi meriti". Ma forse,
se insistevo un po' ...."/
Indro Montanelli - Corriere della Sera - 6 marzo 1996
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A proposito di "Durban II", da www.unwatch.org
Confrontation at |
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Must-See Video: He
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Parte a Ginevra l'inutile conferenza "Durban II", nella quale a parlare contro il razzismo ci saranno molti di coloro che lo praticano...
> Il Tirreno del 20 aprile 2009 titola, per descrivere l'apertura della
> cosiddetta conferenza "Durban II" a Ginevra, "contro il razzismo
> sempre più disuniti".
> Se la disunione è tecnicamente un dato certo, la presunta efficacia
> "contro il razzismo" della conferenza è invece altamente discutibile,
> per usare un eufemismo.
> L'assenza di importanti stati (USA,Australia,Nuova
> Zelanda,Germania,Italia,Olanda,Israele,Svezia , da ultimo la
> Polonia,ecc) unitamente alla presenza assai titubante di altri,
> mostra inesorabilmente l'impossibilità di giungere ad un decente
> risultato pur dopo il lungo lavoro diplomatico intercorso: un motivo
> ci sarà pure.
> Una minestra cotta male non diviene evidentemente buona solo perchè
> la si porta in tavola ed il ricordo di "Durban I" ha concretamente
> minato alla base la credibilità dei cuochi, per rimanere nella metafora.
> Si è andati ben oltre,in questo caso,al cronico scettismo che non a
> torto colpisce gran parte delle iniziative delle Nazioni Unite, spesso
> piegate ai voleri di maggioranze precostituite e votate al pregiudizio
> politico : se Gheddafi, pur oggi elevato al rango di statista anche
> dalle nostre parti, si occupa di diritti umani la "delusione" del
> Segretario Generale dell'ONU per il franare continuo di "Durban II" ,
> dove arriva un altro "campione" di democrazia quale il presidente
> iraniano, appare tragicomica.
> Ahmadinejad, quasi a voler essere sicuro del fallimento
> dell'iniziativa ginevrina,l'asso l'ha infatti calato nuovamente alla
> vigilia di quella che si annuncia essere un'inutile passerella
> dichiarando: "l'ideologia e il regime sionista sono i portabandiera
> del razzismo".
> In questo contesto , oggettiva constatazione, risalta negativamente la
> sorprendente decisione del Vaticano di partecipare alla conferenza
> ritenuta "azione ferma contro l'intolleranza per prevenire ed
> eliminare ogni forma di discriminazione", decisione che il Rabbino
> Capo di Roma commenta con un certo sgomento in quanto "partecipando a
> Durban II il Vaticano dà il proprio avallo morale a quanto si sta
> preparando" e lo stato pontificio "non può giustificarsi dicendo che
> va alla conferenza per correggerne l'impostazione antisemita, perchè i
> meccanismi pseudo-democratici che ci sono al summit dell'ONU lo
> impediscono".
> Pragmatica, in riferimento a quanto bolle in pentola a Ginevra e a
> parte un accenno alle "razze" che si spera sia frutto di infelice
> traduzione,appare poi la motivazione con la quale il ministero degli
> esteri della Polonia ha annunciato che anche Varsavia sarà assente :
> vi è infatti "motivo di credere che la conferenza sarà sfruttata
> ,ancora una volta come avvenne nel 2001 a Durban, come un forum di
> dichiarazioni inaccettabili , contrarie allo spirito di rispetto delle
> altre razze e religioni".
> Forse ,a guardar bene, in realtà contro il razzismo vi è molta più
> unione di quanto possa evocare un titolo : basta infatti individuare
> da dove nasce il problema.
>
> Gadi Polacco
>
>
>
martedì 7 aprile 2009
PESACH 5769 - PASQUA 2009 AUGURI
PESACH 5769 PASQUA 2009
Dalla sera del giorno 8 aprile e sino alla sera del 16 aprile il mondo ebraico festeggia Pesach, ovvero la Pasqua ebraica. Ancora una volta, come non di rado accade, una festa ebraica si "incontrerà" con una cattolica, nel caso specifico la Pasqua.
Propizia è quindi l'occasione per inviare gli auguri a quanti in questi giorni saranno impegnati nei rispettivi festeggiamenti, estendendo a quanti non sono invece coinvolti il laico augurio di un buon ponte festivo!
Gadi Polacco
lunedì 6 aprile 2009
Solidarieta' con l'Abruzzo colpito dal terremoto
L'Unione delle Comunita" Ebraiche Italiane (e' in corso la Giunta a Roma) ha allo studio degli interventi di solidarieta' e si appella all'ebraismo italiano affiche',come sempre avvenuto, partecipi alle iniziative di aiuto poste in essere dalle istituzioni ebraiche e da quelle della societa' civile.
Anche lo Stato d'Israele ha offerto collaborazione,diretta e tramite unita' specializzate delle proprie associazioni di protezione civile.
Gadi Polacco
venerdì 3 aprile 2009
L'UNIONE DELLE COMUNITA' EBRAICHE ITALIANE IN VISTA DELLA MANIFESTAZIONE NEOFASCISTA E NEONAZISTA IN PROGRAMMA A MILANO IL 5 APRILE
COMUNICATO STAMPA
L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane esprime la più viva preoccupazione per la manifestazione di stampo neofascista e neonazista organizzata da Forza Nuova per domenica 5 aprile a Milano, che dovrebbe avere un livello europeo e internazionale.
Si tratta di un evento pericoloso sul piano ideologico e politico, del quale non viene negata ma al contrario esaltata l’ispirazione razzista e xenofoba. L’iniziativa costituisce una vera e propria sfida contro i fondamenti democratici dello Stato italiano sanciti dalla Costituzione repubblicana che, oltre ad essere scritti e declamati, debbono essere applicati senza incertezze o contingenti valutazioni di mera opportunità.
In questo caso non si tratta di garantire libertà di pensiero e di manifestazione, ma al contrario di impedire che i nemici della libertà e della democrazia trovino oggi spazio e collaborazione, e che ospiti sgraditi provenienti da tutta Europa possano illudersi di trovare in Italia una sede dove diffondere ideologie di odio e di violenza.
Renzo Gattegna
Presidente UCEI
Roma, 3 aprile 2009
Prot.n. 1192/131-14-32-34-42 EA/cds