martedì 23 aprile 2019

PESACH 5779/2019 (PASQUA EBRAICA) E 25 APRILE : UN PONTE ALL'INSEGNA DELLA LIBERTA' RITROVATA. STRISCIONE DELLA BRIGATA EBRAICA ALLE MANIFESTAZIONI LIVORNESI PER LA LIBERAZIONE

Il calendario ebraico del corrente anno ebraico 5779, con un mese aggiuntivo,ha fatto si che la Pasqua ebraica (Pesach) andasse ad incontrarsi con il 25 Aprile, anniversario della Liberazione d'Italia.
I due avvenimenti sono direttamente e profondamente legati dal comune concetto della libertà : il popolo ebraico si libera dalla schiavitù d'Egitto e avvia il proprio percorso di popolo libero e il popolo italiano ritrova, dopo la tragedia del nazifascismo,la propria dignità e appunto libertà.
Alla Liberazione d'Italia,altro elemento che segna lo stretto rapporto tra le due festività,partecipò anche la Brigata Ebraica : migliaia di soldati, sionisti,  provenienti da quella terra che nel 1948 sarebbe finalmente divenuta lo Stato d'Israele vollero unirsi agli Alleati, all'interno dei quali vi erano già ovviamente soldati ebrei,e vennero inviati anche in Italia.
Il loro contributo alla  liberazione del suolo italiano è testimoniato, insieme ai fatti e ai documenti, dalle decine di tombe dei Caduti della Brigata Ebraica che si trovano a Frangipane di Ravenna.
Ecco perchè a pieno diritto la Brigata Ebraica,ormai da anni, è presente in tante nostre città durante le celebrazioni della Liberazione e così,anche quest'anno,sarà a Livorno .
Pesach sameach (felice Pasqua Ebraica) e buon anniversario della Liberazione,

Gadi Polacco
COMUNITANDO
www.livornoebraica.org

"So benissimo che c'è un gran numero di ebrei nelle nostre Forze Armate ed in quelle americane, ma mi è sembrato opportuno che una unità formata esclusivamente da soldati di questo popolo, che così indescrivibili tormenti ha subito per colpa dei nazisti, fosse presente come formazione a sé stante fra tutte le forze che si sono unite per sconfiggere la Germania" : con queste parole Winston Churchill spiegò nel 1944,ai Comuni,la decisione di acconsentire alla richiesta ,da tempo espressa dal mondo ebraico ,di istituire una Brigata Ebraica (sovvenzionata anche dalle comunità ebraiche sparse nel mondo) che venne autorizzata ad usare una propria bandiera, azzurra-bianca-azzurra, con la Stella di Davide tra due bande simboleggianti il Nilo e l'Eufrate, che in seguito diverrà l'emblema dello Stato d'Israele.


Si realizza così quello scopo efficacemente descritto in un manifesto di propaganda dello Yishuv, il nucleo storico ebraico dell'allora Palestina del Mandato Britannico: "Jews want to fight as Jews", (gli ebrei vogliono combattere in quanto ebrei).


Dopo un breve periodo di addestramento ,nel novembre 1944, la Brigata Ebraica (5000 uomini) fu trasferita nell'Italia del sud e risalì la penisola lungo il versante adriatico : al comando del generale Enrnest F. Benjamin, combattè essenzialmente in Emilia Romagna, partecipando allo sfondamento della Linea Gotica nella valle del Senio, nei pressi di Imola, una delle più sanguinose battaglie di tutta la campagna d'Italia durante la quale la Brigata condusse uno dei pochi assalti frontali, a baionetta sguainata, di tutto il fronte italiano.


Partecipò poi alla liberazione delle principali città romagnole e nel maggio del 1945 venne trasferita a Tarvisio, punto chiave del transito degli ebrei europei scampato alle persecuzioni nazifasciste mentre,al tempo stesso, elementi della Brigata furono inviati in tutte le nazioni europee per aiutare le popolazioni ebraiche a ritornare a vivere.

Sono cinquanta i nomi censiti dei Caduti della Brigata Ebraica per la Liberazione d'Italia : la maggior parte riposa nel cimitero di guerra di Piangipane di Ravenna e numerose sono le medaglie e le onorificenze riconosciute a suoi appartenenti.

Si stima poi che circa 2000 siano stati gli ebrei che parteciparono attivamente alla Resistenza (1000 classificati come partigiani e 1000 come "patrioti"), una percentuale del 4 per cento della popolazione ebraica italiana dell'epoca, ben oltre quella degli italiani nel loro complesso. Un centinaio gli ebrei partigiani che caddero in combattimento o che, tratti in arresto, vennero uccisi sul suolo italiano o nei campi di concentramento nei quali vennero deportati : tra essi il più giovane partigiano d'Italia,il bolognese Franco Cesana.

Dinanzi a questi fatti, ricordando altresì la scure delle leggi razziali (razziste) e delle persecuzioni abbattutasi anche sugli ebrei italiani, strumentalmente squallidi appaiono i tentativi di taluni di escludere dalle celebrazioni per la Liberazione d'Italia il ricordo dell'apporto dato dalla Brigata Ebraica e dagli ebrei italiani

lunedì 15 aprile 2019

LE PASQUE 2019 S'INCONTRANO....approfondimenti, riflessioni,ricette su Pesach, la Pasqua Ebraica

L'interazione tra calendari comporta quest'anno l' "incontro" tra Pesach, la Pasqua Ebraica ( inizio la sera del 19 aprile) , e le festività pasquali cristiane .

In cosa consiste Pesach lo sintetizza ,tra le varie fonti,la scheda specifica del sito dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che viene di seguito riportata.

Come ormai tradizione, COMUNITANDO-www.livornoebraica.org rivolge sinceri auguri a quanti celebreranno le varie festività pasquali, augurando ovviamente quanto di meglio anche a tutti gli altri.

COMUNITANDO- www.livornoebraica.org

(Blog a cura di Gadi Polacco)

PESACH

Inizia il 15 del mese ebraico di Nissàn, nella stagione nella quale, in terra d'Israele, maturano i primi cereali; segna quindi l'inizio del raccolto dei principali prodotti agricoli. è anche nota col nome Hag hamatzot, festa delle azzime. In terra d'Israele Pesach dura sette giorni dei quali il primo e l'ultimo di festa solenne, gli altri di mezza festa. Fuori d'Israele – nella Diaspora – la durata di Pesach è di otto giorni, dei quali i primi e gli ultimi due sono di festa solenne. In ricordo del fatto che quando furono liberati dalla schiavitù gli Ebrei lasciarono l'Egitto tanto in fretta da non avere il tempo di far lievitare il pane, per tutta la durata della ricorrenza è assolutamente vietato cibarsi di qualsiasi alimento lievitato o anche solo di possederlo. Si deve invece far uso di matzà, il pane azzimo, un pane non lievitato e scondito, che è anche un simbolo della durezza della schiavitù.

I giorni precedenti la festa di Pesach sono dedicati a una scrupolosa e radicale pulizia di ogni più riposto angolo della casa per eliminare anche i piccoli residui di sostanze lievitate. Usanza mutuata anche dalla lingua italiana nella quale ricorre spesso l'espressione "pulizie di Pasqua" – sinonimo anche delle "pulizie di primavera".
La prima sera viene celebrato il Seder, in ebraico "ordine", suggestiva cena nel corso della quale vengono rievocate e discusse secondo un ordine prestabilito le fasi dell'Esodo, rileggendo l'antico testo della Haggadah. Si consumano vino, azzime ed erba amara in ricordo dei dolori e delle gioie degli Ebrei liberati dalla schiavitù. Si inizia con l'invito ai bisognosi ad entrare e a partecipare alla cena e si prosegue con le tradizionali domande rivolte al padre di famiglia dal più piccolo dei commensali; la prima di queste è volta a sapere "in che cosa si distingue questa notte dalle altre?". Tali quesiti consentono a tutti i presenti di spiegare, commentare, analizzare i significati dell'esodo e della miracolosa liberazione dall'Egitto, le implicazioni di ogni schiavitù e di ogni redenzione.

I simboli della festa, la scrupolosa pulizia che la precede, il pane azzimo vale a dire il "misero pane che i nostri padri mangiarono" – il Seder, la lettura della Haggadah, fanno sì che ben pochi bambini arrivino all'adolescenza senza conoscere la storia dell'uscita dell'Egitto e senza avvertire che questa è una parte essenziale della loro storia.
La matzà, il duro alimento che sostituisce il morbido e saporito pane di tutti i giorni, sta anche ad indicare il contrasto tra l'opulenza dell'antico Egitto, l'oppressore, e le miserie di chi, schiavo, si accinge a ritrovare appieno la propria identità.

Può anche ricordare che la libertà è un duro pane, così come l'eliminazione dei lieviti può rappresentare la necessità di liberarsi dalla corruzione della vita servile e anche dalle passioni che covano nell'intimo dell'animo umano.

( da www.ucei.it )


PESACH 5725 (Pasqua Ebraica 1965)

Trascrizione di un testo redatto da Rav Bruno G. Polacco (z.l.), Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Livorno, presumibilmente per un intervento al Tempio Maggiore in occasione di Pesach.

Non sono state riportate le citazioni in ebraico, comunque riprese anche in italiano.

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Nessun avvenimento storico-religioso, fra i molti che arricchiscono la nostra storia, ha mai influenzato la vita sociale religiosa, morale e giuridica d'Israele, quanto l'evento che da millenni indichiamo col nome di Pesach (Pasqua), o con le espressioni di "uscita dall'Egitto","festa delle azzime", oppure "epoca della nostra indipendenza".

Nella Torà, in cui ha pieno valore di "precetto affermativo", il dovere di rimembrare oltreché di celebrare di anno in anno in forma degna i fatti che,nel loro complesso,resero possibile l'esodo di un intero popolo dal paese in cui aveva trascorso 430 anni di durissima schiavitù, è più volte enunciato e ciò prova  in modo probante l'importanza e l'influenza che l'evento ha esercitato in ogni settore del pensiero ebraico.

Non poche sono infatti le mitzvot (precetti ,ndr) che ad esso esplicitamente si ispiranoo addirittura da esso traggono origine.

 

Vedasi ad esempio, tanto per citarne alcune : in Shemoth (Esodo-ndr), agli effetti dell'enunciazione e della prescrizione del monoteismo assoluto che dovranno praticare gli Ebrei,nel comandamento, Dio collega questo tipo di culto che esige dal suo popolo con l'Uscita dall'Egitto; e in Devarim (Deuteronomio-ndr), dove il Decalogo è ripetuto con lievi varianti, il ricordo dell'epico evento è strettamente connesso al precetto dell'osservanza del sabato; le stesse festività di Shavuoth e di Succot – che con Pesach formano il trio delle ricorrenze gioiose dette i "tre pellegrinaggi" perché in esse ogni ebreo aveva l'obbligo di presentarsi al Tempio di Gerusalemme ed ivi esternare la sua letizia – e le mitzvot (precetti – ndr) dei tefillin (filatteri) e dello zizit (al plurale ziziot ,le quattro frange che si trovano agli angoli del talit,il "manto da preghiera" – ndr), tutte si richiamano al "ricordo dell'esodo dall'Egitto" ; un'ultima ne citiamo,il cui elevatissimo valore morale, e sociale, non ha bisogno di commento tanto è evidente : la prescrizione di rispettare il forestiero che viva im ambiente ebraico,perché, dice la Torà "voi che siete stati forestieri in terra d'Egitto,conoscete lo stato d'animo del forestiero".

 

E come un eco fedele, ininterrotto e concorde, alle norme della Legge, il pensiero dei Maestri che ricevettero la Torà dai successori di Mosè e gelosamente la conservarono immutata nella lettera e nello spirito, sottolinea l'importanza dell'evento pasquale e la influenza da esso esercitata su tutto lo svolgimento della vita ebraica nel decorso dei secoli,caldamente perorandone il perenne ricordo.

Dice la Torà (Deuteronomio XVI°,3) : Affinchè tu ricordi il giorno della tua uscita dal paese d'Egitto, tutti i giorni della tua vita", ed essi, i Dottori della Legge, gli interpreti per antonomasia  del Verbo divino, i minuziosi indagatori del testo biblico perennemente intenti ad acquistarne una sempre più vasta cognizione,accademicamente osservano : - Nel versetto in esame la parola "tutti", appare superflua  in quanto anche se omessa dal contesto, il senso della frase non ne verrebbe minimamente a risentire; ma poiché la Torà non indulge al pleonasmo e in essa nemmeno una sola lettera è ridondante, l'inserimento di questa parola deve avere un ben determinato fine, Un fine ovviamente educativo, visto che la Torà ha funzione eminentemente educativa : quindi, un insegnamento; implicito, perché espresso tramite un "remez", cioè a dire un accenno fugace, diretto a coloro che essendo colti , sono in grado di afferrarlo e di illustrarlo a chi sia meno edotto di loro. E quale è,dunque,questo insegnamento? L'insegnamento è questo, chiosano i Dottori - : "Se la Torà avesse detto semplicemente "i giorni della tua vita",il significato del versetto sarebbe stato quello "che il ricordo dell'Uscita dall'Egitto deve accompagnare l'uomo ebreo per il corso completo della sua vita terrena", ma avendo aggiunto quel "tutti", essa ha voluto specificare "tutti i cicli di tua vita", tutti cioè quei periodi di tempo in cui avrai la vita.

In altre parole, "ogni qualvolta l'ebreo trascorra quel periodo di tempo che in termini umani è detto vita", egli è tenuto a ricordare il suo esodo dal paese del Nilo, "perfino nel corso di quella vita che gli è riservata nei tempi messianici".

Ciò premesso, è ben naturale ricercare, a titolo di "derash" festivo (tipo di lezione-ndr),quale sia il motivo che ha dato all'Uscita dall'Egitto tanta importanza e la ragione per cui esercitare un'influenza tale da compenetrare di sé l'Ebraismo in ogni sua mani9festazione.

 

Scontato il valore del fatto storico-politico in sé stesso, e cioè che Pesach ha dato al popolo ebraico quella libertà che gli ha consentito  di divenire quello che è divenuto; ammesso l'incontrovertibile  asserto che, senza Pesach, non avrebbero potuto aver luogo quegli eventi che le furono conseguenti  e che originarono le altre ricorrenze che li celebrano, l'elemento unico cui trarre la risposta al quesito  nostro è il concetto di indipendenza, libertà, nella sua più ampia accezione  e autonomo da ogni e qualsiasi ragione pertinente  alla religione e alla storia di Israele, elevato al grado di principio fondamentale dell'etica sociale.

Israele che, memore della promessa che Dio aveva fatto agli antichi Padri di liberare i loro discendenti dalla schiavitù che avrebbero sofferto in Egitto, Israele che aveva sopportato  per secoli pene materiali e morali in attesa dell'evento che gli avrebbe consentito di godere, meritatamente, il bene inestimabile della libertà e che, a prezzo di una durissima prova protrattasi per generazioni era pervenuto all'acquisizione dell'esperienza necessaria a comprenderne l'incomparabile valore, non avrebbe potuto intendere il senso e il fine di una legge che non fosse pervasa – nella lettera e nello spirito, nella teoria e nella prassi-di libertà.

Ciò, a nostro avviso,spiega anche il perché dinanzi al Sinai, all'atto solenne della promulgazione della Torà, Israele disse a Mosè "eseguiremo e poi ascolteremo", come a dire : "le spiegazioni atte ad illustrarci questa Legge ce le darai in seguito", ben sapendo che una legislazione generata dalla libertà non poteva contenere che norme fondate sulla libertà e accettabili in piena libertà di coscienza.

 

Giusto appunto quanto Dio gli aveva detto tramite il Legislatore : "Questa legge che io oggi ti prescrivo di osservare non è da te disgiunta o lontana; anzi, ti è molto vicina: è nella tua mente e nella tua bocca,perché tu la possa eseguire."

Ecco perché la Torà, fondendo indissolubilmente i concetti di "libertà" e di "giustizia" in quanto dove non c'è libertà non c'è nemmeno giustizia, richiama incessantemente alla mente dell'uomo ebreo e al suo cuore l'idea della "libertà" e, in nome di essa, tutela l'orfano, la vedova, l'indigente,lo schiavo e il forestiero.

Se così non fosse, se l'ideale della libertà non impregnasse di sé la Torà, la Legge che con commovente, indefettibile, fedeltà i nostri padri ci hanno conservato e trasmesso come il nostro supremo bene, non avrebbe carattere d'eternità né potrebbe sopravvivere, intangibile, ai periodi in cui la libertà sia politica,sia sociale che religiosa si riduce a pura espressione verbale quando addirittura non viene soppressa.

E noi, ahi noi,di simili periodi, a tutt'oggi,ne abbiamo conosciuti anche troppi!

Di ciò perfettamente edotti,i nostro venerati Maestri, non solo non hanno trascurato occasione per sottolineare questo peculiare concetto della Torà, ma altresì ne hanno tratto il monito implicito che, ogni qualvolta ci si allontani da esso,si verifica "la negazione del principio fondamentale e basilare" della libertà e, in conseguenza,della Torà stessa che su di esso verte.

Monito grave per chi come noi è così sensibile alla libertà di coscienza,di fede e di ideali, ma nello stesso tempo, fervida esortazione alla fiducia in Colui che alla prima liberazione farà seguire quella finale preconizzata dai Profeti, se sapremo rimanere fedeli al principio millenario della libertà e vorremo mantenerlo vivo ed operante in noi.

Voglia Iddio concederci per molti anni di mostrarci come se fossimo usciti dall'Egitto, e nei nostri giorni si avveri il detto midrashico : "in Nissan furono redenti e in Nissan lo risaranno ancora"

RIFLESSIONE SU PESACH DEL RABBINO PROF. SAMUELE COLOMBO, zl

"Pesach non soltanto vuol dire passaggio di Dio e passaggio degli Ebrei, ma vuol dire passaggio in genere, da un luogo ad un altro, da un punto allʼaltro dello spazio come da un momento allʼaltro nel tempo, da un moto allʼaltro dellʼanima, da una concezione allʼaltra della vita, da una conquista allʼaltra nel campo del vero, da un vero ad un altro vero, da un bene ad un altro bene, da un progresso ad un altro progresso, da una elevazione ad altra elevazione nelle altezze più eccelse del nostro Reale che aspira e vuole avvicinarsi a un più alto ideale! Questo è il significato, in tutta la sua pienezza e precisione, delle parole che annunziano la Pasqua o il passaggio di Dio!"

Rabbino Prof. Samuele Colombo ( 1868-1923)

Si ringrazia il Dr. Ariel Viterbo per la segnalazione



RICETTE : CHAROSET* E NON SOLO
Pesach si avvicina e ripropongo quindi il "charoset di Nella",*z.l., ormai noto anche come "di Mario"...
In verità è secondo come veniva,spero avvenga ancora,fatto a Ferrara. Non è facile dare (coloro che cucinano ben lo sanno) delle esatte quantità e quindi prendete le indicazioni che seguono appunto come indicative per un risultato che dovrebbe ben bastare per 4-5 persone:
5 mele (consigliate le renette)
1 kg di noci che ovviamente andranno sgusciate
1 kg scarso di prugne ,ovviamente da snocciolare
2/3 cucchiai di zucchero o quanto riterrete assaggiando "in itinere"
30 gr pinoli (se ritenete).
La frutta dev'essere macinata, ben amalgamata (il consiglio è di non macinarla un tipo alla volta ma mischiare i pezzi), messa poi a cuocere a fuoco basso aggiungendo,gradatamente affinchè il tutto non si attacchi al fondo,vino rosso : naturalmente ben mescolare sino al raggiungimento di idonea consistenza.


ALTRA PROPOSTA, CHAROSET TIPICO DI LIVORNO, ALMENO A SUO TEMPO:

Livorno
Orden
De hazer el Arosset
Tomaran mansanas, o peras cozidas en agua:auellanas, o almendras: castanas piladas, o nuezes: higos, o passas: y despues de cozido, molerloan mucho, y destemplarloan con vinagre de vino el mas fuerte que hallaren. Y despues mesclarlean un poco de polvo de ladrillo, por memoria de los ladrillos que nuestros padres hizieron en Egipto. Y para se comer, se echa un poco de polvo de canela por en sima.Y queriendo poner mas de otras frutas y espesias dentro del cozimiento, lo pueden azer.

Dela Hagadah de Pesah.Ordinado y Imprimido a requisicion y despeza de
David de Iacob Valencin, Livorno nella stamperia de Gio. Vincenzo Bonfigli per gli eredi del Minaschi, anno 5414, (1654)

*http://www.mosaico-cem.it/vita-ebraica/cucina-e-kasherut/una-torta-con-tutta-la-dolcezza-di-pesach

LE SCODELLINE

Ripresa da un blog di ricette di Ornella Levi Cabib (alla quale si deve un prezioso lavoro di raccolta e divulgazione ,dolce importato dagli ebrei spagnoli) - Per 10 porzioni - In un recipiente si porta a ebollizione un dito di bicchiere d'acqua con gr. 150 di zucchero e vi si aggiunge gr. 150 di mandorle spellate e finemente tritate. Intanto si sbattono a lungo 7 rossi d'uovo. Quando le uova saranno ben amalgamate e leggermente indurite si unisce a poco a poco al composto delle mandorle, avendo cura di togliere il recipiente dal fuoco, e la buccia grattata di mezzo limone. Si rimette a cuocere a fuoco bassissimo sempre mescolando, fino a giusta consistenza. Con questa crema si riempiono delle piccole tazze (come quelle turche, senza manico, altrimenti le tazzine da caffè) e si spolverizzano con la cannella.


TORTA MANDORLE, secondo Nella,*zl

Servono : 500 gr mandorle macinate fini (se non ci sono disponibili già macinate kasher lePesach....occorre lavorare di più partendo da quelle intere da sbucciare e macinare...), 10 uova, 1/2 kg zucchero, 1 limone (da grattuggiare la buccia,esclusivamente,da usare poi nell'impasto). Rhum 1 biccherino ( può essere problematico di Pesach). PROCEDURA : uova,separare tuorlo e albume . Mescolare tuorli.zucchero, buccia del limone macinata : molto bene, fino a vedere delle bollicine. Aggiungere mandorle e l'eventuale rhum. Quindi aggiungere le chiare (albumi) montate a neve e mescolare di nuovo il tutto molto bene. Si consiglia carta forno per evitare che l'impasto si attacchi.Quindi in forno a fuoco medio verificando la cottura , periodicamente, con una forchetta o stecchino di legno (fino a quando , dopo averlo infilato nell'impasto,esce secco). Zucchero a velo vanigliato (se lo si ha idoneo anche per Pesach) da spruzzare poi sopra,una volta raffreddatasi la torta. Le quantità indicate dovrebbero essere idonee per una contenitore rettangolare da forno (nessun problema ovviamente per altre forme) sui 32x 21 cm circa.

*Nella Fortis Polacco,zl


Nella foto : particolare di antica Haggadah livornese illustrata (testo che si legge nella sera della cena pasquale, detta Seder)



mercoledì 3 aprile 2019

UNA RIFLESSIONE OPPORTUNA SULLA CIRCONCISIONE, DOPO IL TRAGICO EPISODIO DI GENOVA

"La tragica notizia della morte di un bambino dopo un intervento di circoncisione richiede alcuni chiarimenti. L'aumento dei casi in cui la circoncisione ha provocato serie e terribili conseguenze e' dovuto al fatto che questa pratica, diffusa in diverse tradizioni religiose e culture, e' stata effettuata da personaggi privi delle competenze necessarie, spesso provenienti da Paesi stranieri. Da parte nostra riteniamo imprescindibile che la questione delle circoncisioni rituali vada regolata per garantire e coniugare il diritto religioso e il diritto alla salute del bambino". Lo ha dichiarato in una nota il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, commentando la vicenda del neonato morto la scorsa notte, nel quartiere genovese di Quezzi, dopo una circoncisione fatta in casa. "Le comunita' ebraiche - ha aggiunto - praticano la circoncisione da millenni in Italia nel rispetto delle regole di tutela della vita e della salute dei bambini. Questo perche' la tradizione ebraica impone che la circoncisione debba essere effettuata solo da personale qualificato e riconosciuto dalle autorita' rabbiniche. Siamo autoregolamentati nel pieno rispetto della legge e della incolumita' dei neonati. Non chiediamo sovvenzioni pubbliche per l'esecuzione dei nostri riti". Di Segni ha infine precisato che la Comunita' ebraica di Roma "mette volentieri a disposizione dei legislatori l'esperienza e ritiene che le decisioni opportune debbano essere condivise con le autorita' religiose evitando iniziative che potrebbero produrre l'effetto contrario, aumentando i fenomeni clandestini e incontrollati".    

(Fonte mensile "Shalom", della Comunità Ebraica di Roma)


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Blog ebraico a cura di Gadi Polacco