esaustivi del pensiero del dichiarante e,pertanto, quanto letto in
questi giorni ed attribuito al Vescovo di Livorno Giusti deve essere
probabilmente preso con ampio beneficio del dubbio.
Ciò posto e quindi in base a quanto letto, suona sinceramente assai
singolare inserire un'ipotesi di dibattito sulla politica dello Stato
d'Israele all'interno del dialogo tra ebraismo e cattolicesimo, peraltro
al momento sospeso per opportuna,a parere di chi scrive e senza voler
riaprire la specifica questione in questa sede, decisione dell'Assemblea
Rabbinica Italiana.
Se scontato ed opportuno è il comune anelito alla pace , peraltro
proprio di ogni visione religiosa che non venga stravolta per terribili
strumentalizzazioni, diverso è addentrarsi in analisi che, sia concesso
dirlo con tutto il rispetto per l'interlocutore, appaiono datate e
proprie di visioni politiche che guardano ad Israele con ormai antichi
pregiudizi politici.
Affermare,come viene attribuito a Monsignor Giusti, che il governo
d'Israele "è un governo come tutti gli altri e deve accettare le
critiche" è in verità cosa ovvia e che riguarda tutti i governi
democratici : ma è anche cosa che ogni governo israeliano,alla pari di
tutti i governi delle democrazie del mondo (magari non proprio
volentieri) ha sempre fatto.
Ad iniziare dall'opinione pubblica interna e dalla stampa israeliana che
mai hanno fatto sconti ai propri governanti, infatti, ogni esponente
d'Israele si è sempre dovuto misurare con critiche anche aspre , certo
rispondendo talvolta senza peli sulla lingua quando apparse strumentali
, assunte su basi preconcette se non in base a maggioranze preconcette
ed ostili, quando differenzianti tra vittime di serie A e vittime di
serie B, oppure quando celavano in realtà posizioni antisemite o rasenti
l'antisemitismo e coperte dal presunto ombrello dell'antisionismo (non
dimenticando con l'occasione quello che,già in tempi ormai
lontani,affermava Martin Luther King in proposito).
E' di pochi giorni or sono una durissima dichiarazione del premier
uscente Olmert che,commentando i gravi fatti di Hebron,ha parlato
addidirttura di "pogrom", termine che evoca terribili ricordi per gli
ebrei ma che egli non si è peritato ad usare, tanto per dare un esempio
della chiarezza con la quale Israele affronta i propri problemi.
Anche l'altra affermazione attribuita al Vescovo di Livorno appare non
in linea con i tempi : "Non si può assistere allo smembramento del
popolo palestinese senza cercare una soluzione , aprire il dialogo" :
decenni di trattative sono a testimoniare la ricerca di una soluzione,
giunta all'apice di Camp David dove si arenò dinanzi al rifiuto di
Arafat a cose praticamente fatte. Ciò nonostante i Territori
dell'Autorità Palestinese sono sorti e la terribile guerra intestina tra
palestinesi stessi, con l'occupazione militare di Gaza da parte dei
terroristi di Hamas e quanto ne consegue (vessazione dei palestinesi
residenti ,persecuzione dei cristiani, terrorismo e lancio quotidiano di
razzi verso Israele) appare arduo non considerarlo.
Ciò brevemente accennato,comunque, occorre infine ricordare come il
Vaticano non abbia certo problemi a relazionarsi con lo Stato d'Israele
per questi ed altri aspetti, vigenti peraltro da anni piene relazioni
diplomatiche, non apparendo quindi quello del Dialogo, già non scevro da
proprie problematiche, il contesto coerente nel quale trattare simili
argomenti.
Gadi Polacco
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