sabato 14 febbraio 2009

DUE RIFLESSIONI DOPO LE ELEZIONI ISRAELIANE, IN ATTESA DEL CONFERIMENTO DEL MANDATO PER TENTARE DI FORMARE IL NUOVO GOVERNO


di DANIEL HAVIV (CABIB)

Il soldati e la democrazia
La democrazia israeliana ha dato prova di se' in un particolare al margine delle recenti elezioni, sui quali i media si sono soffermati giustamente solo en passant: il voto dei soldati. Il giorno seguente alla lunga e faticosa notte fra il 10 e l'11 febbraio molti hanno esultato o pianto, ma tutti sapevano che quel mandato che separava il Kadima dal Likud non era definitivo e molti si aspettavano (temevano o speravano, a seconda delle tendenze politiche) che i risultati del voto dei soldati avrebbe cancellato quella piccola differenza e che la destra si sarebbe rafforzata ancora di un pochino. Ma il giorno seguente le presidente della commissione per le elezioni dichiarava che i risultati definitivi, dopo il vaglio dei voti dei soldati, anche delle postazioni piu' remote e a maggior rischio, erano rimasti immutati. Questo fatto e' un'ulteriore dimostrazione che in Israele l'esercito non e' una casta separata, depositaria di tendenze e disegni politici suoi, come succede in molti paesi meno che democratici, ma un'emanazione della volonta' popolare, un'entita' che e' parte integrante del tessuto sociale israeliano, nella quale si rispecchiano fedelmente anche le opinioni e le tendenze politiche. Con questo Israele ha dato un'ulteriore prova della forza e della stabilita' della sua democrazia. 
 
 
 
Il decisore
Anni fa mia moglie mi regalo' per il compleanno un gingillo che li' per li' non mi fece grande impressione, a parte il sorriso di felicita' momentanea per l'attenzione amorevole che mi dimostro'. Quel gingillo era un simpatico fermacarte che ancora oggi se ne sta seduto sui miei innumerevoli foglietti e fogliettini promemoria che popolano il mio tavolo in ufficio: una pesante sferetta che puo' ruotare intorno a un pernio, e sulla sua base sono scritte parole come: yes, no, ask your mom, fire him, ask the boss, today, tomorrow, e altre. Dando il giro alla sferetta, dopo pochi secondi la freccetta scolpita su di essa si ferma su una di quelle parole. Questo fermacarte si chiama "decisore" e il suo compito e' proprio quello di aiutare il suo proprietario indeciso a prendere decisioni. Il mio decisore e' li' sul tavolo da anni e me ne ero quasi dimenticato, dato che posso vantarmi di aver adottato un metodo molto diverso per prendere le mie decisioni, ma stasera, guardando le notizie alla TV, qualcosa me lo ha riportato alla coscienza in modo alquanto traumatico: durante l'intervista a un politico israeliano importante, nella quale si facevano da entrambe le parti congetture su se e come si riuscira' a districare la matassa politica che si e' venuta a formare in seguito alle recenti elezioni, ho fatto caso che sul tavolo di quel politico c'e' un fermacarte uguale al mio, e il mio cuore ha avuto un sussulto, dal quale mi sto ancora riprendendo.

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