venerdì 10 dicembre 2010

Congresso UCEI 2010/5771, fuori dal coro

Nel momento delle celebrazioni mi sia concesso di cantare fuori dal
coro, lieto di essermi sottratto,con piena scelta personale ,alla
lotteria congressuale : devo però ad alcuni amici un riconoscimento per
essersi comunque candidati,chiaramente con il ruolo di guastafeste
prezioso in democrazia,evitando il paventato e quindi possibile scempio
di una votazione nella quale il numero dei candidati sarebbe corrisposto
a quello dei consiglieri da eleggere.
Se lo strazio della dignità personale avesse un'unità di misura,sarebbe
possibile calcolare l'ingente massa di questo bene prezioso
che,ovviamente a mio parere,in diversi hanno consumato senza risparmio
nel corso del congresso : trattative ed attività "di corridoio" sono
proprie di ogni assise congressuale che debba determinare delle
cariche,sarebbe ipocrita negarlo al pari della partecipazione personale
di ciascuno degli attori od aspiranti tali (me compreso nel corso della
personale modesta attività politica ed associativa nei vari ambiti).
Ma è troppo quando ciò avviene a spese di rapporti personali che
sembravano consolidati,almeno sul piano del reciproco rispetto, o
vengono pagati con ipocrisia o con il conseguente imbarazzo evidente di
correlarsi con il prossimo,oppure uscendo dall'aula per non
votare,secondo coscienza, un emendamento od un articolo diversamente da
quanto ci si era evidentemente imposti per rispondere alle direttive di
improbabili strateghi peraltro ,almeno in buona parte,autodelegatisi tali.
Poste le dovute eccezioni ,in questo caso confermanti però la
regola,altre vittime eccellenti della riforma dello Statuto sono le
cosiddette "piccole Comunità" : per intenderci tutte escluse Roma e Milano.
In nome di un giusto e condiviso principio di "uguale
dignità",apparentemente, a ciascuna di esse verrà assegnato nel prossimo
trafficato "parlamentino" (sic!) UCEI un posto ciascuna di diritto:
saranno 19 ma,attenzione all'innovazione che ogni democrazia ci
invidierà e copierà, i voti da esprimere in sede decisionale saranno 15.
Questo miracolo del diritto,infatti,avverrà attraverso un tragicomico
meccanismo in base al quale 8 Comunità,evidentemente considerate una
palla al piede, verranno dimezzate in quanto dovranno esprimere un voto
di coppia , mezzo voto per ciascuna!
Quindi ogni "coppia di fatto" dovrà,secondo l'illogica previsione
statutaria,partecipare alle poche sedute previste e,prima di spendere il
proprio inutile voto,accordarsi al suo interno,in questo caso mutuando
invece il nuziale concetto di "due cuori una capanna".....spero che in
qualche opportuna sede si ponga fine a questo obbrobrio.
Ma una grande novità dall'inciucio realizzatosi in congresso,sempre
pensando alle nostre "piccole Comunità",in verità c'è : d'ora in
poi,infatti,l'ormai stanca litania che individuava essenzialmente in
Roma,comunque nelle "grandi Comunità",il nemico delle nostre realtà
numericamente minoritarie non ha più diritto di essere recitata, perchè
l'assetto che vede sanzionata statutariamente la marginalità delle
nostre Comunità,già evidente nei rapporti di forza contratti
nell'eleggere il nuovo Consiglio rispetto al precedente ,è stato
sottoscritto a quanto pare con grande soddisfazione dai più che queste
Comunità hanno comunque rappresentato in congresso.
Chi vuole si faccia due conti e,messi da parte i Rabbini da considerarsi
"neutrali",raffrontando il numero dei delegati del Congresso con quelli
della nuova Assemblea che lo sostituisce andando a formare il
Consiglio,otterrà lo stesso rapporto di forze che già avevamo (Roma
44%,Milano 22%,altri 34%) : ecco perchè,triste doverlo sottolineare,8
Comunità sono state dimezzate nella loro dignità.
Diversamente,infatti, avrebbero spostato le proporzioni di quelle
che,evidentemente anche dai nostri rappresentanti,sono considerate quote
inviolabili.
Se in questo quadro aggiungiamo anche la considerazione che dal
precedente Consiglio all'attuale vi è stato un decremento dei
rappresentanti delle "piccole" Comunità,da 7 a 5,appare lecito chiedersi
a cosa sia servito questo maldestro gioco delle tre carte se l'assunto
di partenza (diverso sarebbe se volassimo alto e la smettessimo di
dividerci in campanili) era quello di presentarsi come i paladini delle
Comunità "diversamente grandi", per mutuare una sottile definizione
apparsa in Congresso.
Insomma, come i carri armati del mai compianto Mussolini che facevano
tanti giri in parata ma erano sempre gli stessi.
Gadi Polacco

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