Mussolini e l'esame di maturità
Nella scuola si può e si deve conoscere, studiare e commentare Benito Mussolini, il suo pensiero, il suo operato. Con tabù e censure non si costruisce alcunché.
E' però profondamente errato proporre all'esame di maturità Mussolini nel modo così ben riassunto dallo storico Giovanni de Luna: "Quattro citazioni messe assieme col manuale Cencelli, o la par condicio televisiva: il fascista, il comunista, il democristiano, il religioso [solo il cattolico, nota mia], un tema bilanciato per quote proporzionali".
Ed è profondamente errato chiamare gli studenti a riflettere su quella che forse è la frase (un vero documento storico) più rilevante del Novecento italiano, senza precisare il suo rilevantissimo contesto. Il deputato Giacomo Matteotti (non importa se fosse socialista - lo era - o repubblicano, comunista o cattolico popolare) aveva criticato nel Parlamento italiano il non ancora dittatore Mussolini, per questo era stato ucciso, e proprio di ciò Mussolini il 3 gennaio si assunse la "responsabilità politica, morale, storica". La rivendicazione dell'assassinio di Matteotti è il momento sintetico della nascita della dittatura. Per gli studenti il valoroso deputato assassinato dovrebbe costituire enormemente più del nome di una strada, comunque non un tabù o una censura su una traccia di tema.
Aggiungo che la storiografia italiana utilizza la locuzione "complessa vicenda del confine orientale" per riassumere il formidabile e luttuoso intreccio di questioni micro e macro nazionali sviluppatesi nel Novecento nell'area tra Italia e Jugoslavia. Ora, chiedere agli studenti - nell'altra traccia di tema - di soffermarsi solo sugli eventi dal 1943 significa comunicare loro la bassa rilevanza del fondamentale trentennio precedente. Anche in questo caso con tabù e censure non si costruisce alcunché, né un'educazione alla storia, né un'educazione a un'identità italiana completa e consapevole.
Michele Sarfatti, direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea - Milano
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