lunedì 29 aprile 2013

Festa nazionale del Libro Ebraico a Ferrara : due momenti "livornesi"


"Un afflusso stimato in circa 10.000 presenze e oltre 2.000 libri venduti nella libreria allestita al Chiostro di San Paolo: questi i numeri della quarta edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia che ha chiuso i battenti ieri a Ferrara", scrive il sito "Estense.com" che prosegue riportando come  Nicola Zanardi, presidente di Ferrara Fiere Congressi,abbia  affermato con soddisfazione: “Questa quarta edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia ci conferma che possiamo puntare ancora più in alto e acquisire una dimensione ancora più internazionale perché il prodotto ha raggiunto una grande affidabilità”.

L'iniziativa ha avuto luogo dal 24 al 28 aprile , a cura del Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS),presieduto dal Prof. Riccardo Calimani ed ha avuto anche due momenti legati a Livorno.

Nella serata di sabato 27 sono stati infatti premiati i vincitori del “Premio di Cultura Ebraica Pardes”, istituito  per valorizzare e diffondere la conoscenza della cultura e tradizione ebraica in Italia ed Europa : il Premio alla Saggistica è stato conferito allo studioso veneziano Umberto Fortis che ha pubblicato, per i tipi della livornese Belforte Editori, il volume  "Vita quotidiana nel ghetto. Storia e società nella rappresentazione letteraria (sec. XIII-XX)” (Belforte Editore 2013), libro presentato a Livorno nei mesi scorsi.

Per la casa editrice  era presente l'editore Guido Guastalla.

Domenica 28 si è invece svolta una giornata di studi dal titolo "IMMANUEL CHAY RICCHI (FERRARA 1688 –CENTO 1743),UN CABALISTA ITINERANTE NELL’ITALIA DEL SETTECENTO" , noto Rabbino ferrarese che soggiornò per anni anche a Livorno dove diede alle stampe un volume (commenti talmudici e responsi rituali ) e poi un altro di commento ai salmi che uscì postumo (perì per mano di briganti , nei pressi di Reggio Emilia,che lo derubarono  delle offerte raccolte per aiutare i bisognosi), entrambi per l'antica casa editrice labronica di Abraham Meldola : una sessione del convegno è stata presieduta dal livornese Alessandro Guetta , professore di pensiero ebraico all’Institut National des Langues et Civilisation Orientales di Parigi

Una lapide è stata posta, a margine del convegno, in ricordo del Rabbino Ricchi nel Cimitero Ebraico di Cento, dove egli riposa.
Alla cerimonia, insieme all'Assessore alla Cultura di Cento e al Rabbino Capo di Ferrara Luciano Meir Caro, in ricordo appunto dei contatti e dei trascorsi livornesi del Rabbino Ricchi  ha preso parte anche l'editore Guido Guastalla.


(Foto : la cerimonia al Cimitero Ebraico di Cento , della Belforte Editori, e il Prof. Fortis)

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Cenni biografici sul Prof.Umberto Fortis

Umberto Fortis, docente di letteratura italiana e di letteratura ebraica italiana. Già direttore della Biblioteca-Archivio “Renato Maestro” della Comunità Ebraica di Venezia e curatore scientifico del nuovo museo ebraico della stessa comunità, oltre a saggi sulla letteratura dell’Ottocento, ha pubblicato, nel campo dell’ “ebraistica”, tra l’altro, Ebrei e sinagoghe (Venezia 1973); Il ghetto sulla laguna (Venezia 1987); La parlata giudeo-veneziana (Roma 1979); Il ghetto in scena: teatro giudeo-italiano del Novecento (Roma 1989); Editoria in ebraico a Venezia (Venezia 1991); La “bella ebrea”: Sara Copio Sullam (Torino 2003); La parlata del ghetto di Venezia e le parlate giudeo-italiane (Firenze 2006); Vita quotidiana nel ghetto. Storia e società nella rappresentazione letteraria (sec. XIII-XX)” (Belforte Editore 2013). Ha curato: Venezia ebraica (Roma 1982); Vita di Jehudà: Leon Modena (Torino 2000); Adolfo Ottolenghi (Venezia 2003); L’antisemitismo antico (Torino 2004) e L’antisemitismo moderno e contemporaneo (Torino 2004).

mercoledì 24 aprile 2013

25 aprile: dichiarazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e ricordo della Brigata Ebraica














Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato: 

“Tra poche ore celebreremo un appuntamento con la libertà rinnovando attraverso le generazioni un impegno per la tutela e la diffusione dei valori democratici fondamentali. Il 25 aprile, anche alla luce dei significativi mutamenti politici in corso, è occasione preziosa per riflettere sulle sfide più pressanti che attendono il paese con l'auspicio che ogni criticità possa essere affrontata nel segno dell'unità e della condivisione dei valori e dei fatti storici fondanti della Repubblica. La solidità dell'impianto costituzionale non ci deve esimere dal vigilare e agire affinché forze antidemocratiche che si ispirano ad un'epoca buia non possano più costituire una minaccia. Penso al raduno neonazista svoltosi nei giorni scorsi nei pressi di Varese e ad altri recenti episodi che hanno suscitato sconcerto e preoccupazione nell'opinione pubblica italiana. O ancora ai venti d'odio che spirano con sempre maggiore intensità dalla Grecia, dall'Ungheria e dall'Est Europa. Nelle ultime settimane abbiamo registrato alcuni importanti successi: l'oscuramento di siti razzisti e negazionisti, l'applicazione della Legge Mancino per reati commessi sul web, la sospensione dei finanziamenti e la riconversione del monumento che ad Affile rende onore al criminale fascista Rodolfo Graziani. Segnali importanti che danno fiducia, vittorie ascrivibili all'intera collettività e non soltanto ad alcune sue specifiche componenti”.

In varie città, Livorno compresa, sarà poi ricordato il contributo dato alla Liberazione d'Italia dalla Brigata Ebraica,composta da 5000 soldati che vennero, inseriti nelle Forze Alleate, a combattere in Italia da quella terra che, nel 1948, sarebbe poi divenuta lo Stato d'Israele.

"So benissimo che c'è già un gran numero di ebrei nelle nostre forze armate e in quelle americane ", dichiarò nel Parlamento inglese Winston Churchill nel 1944, "ma mi è sembrato opportuno che una unità formata esclusivamente da soldati di questo popolo, che cosìindescrivibili tormenti ha dovuto patire per colpa dei nazisti,fosse presente come formazione a sé stante fra tutte le forze che si sono riunite per sconfiggere la Germania".

Oltre 40, tra quelli accertati e i dispersi, furono i Caduti in Italia della Brigata Ebraica : 150 i feriti e 21 i decorati sul campo.

Gran parte delle vittime della Brigata riposano nel Cimiterodi Guerra di Piangipane di Ravenna.


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( a cura di Gadi Polacco)


Foto : fine anni '50 del secolo scorso. Il Rabbino Bruno Polacco, in seguito Rabbino Capo a Livorno, commemora i Caduti della Brigata Ebraica a Piangipane di Ravenna


giovedì 18 aprile 2013

La scomparsa di un amico, Ippolito Musetti

Con la scomparsa, avvenuta oggi, di Ippolito Musetti, valente avvocato e
uomo di vasta cultura, il mondo ebraico livornese perde un sincero amico.
In una nota il Benè Berith "Isidoro Kahn" ricorda con affetto lo
scomparso, la sua amicizia profonda con il Presidente fondatore Piero
Cassuto (z.l.) mancato alcuni mesi or sono, e la partecipazione assidua
ed attiva,anche quale oratore alle proprie attività, di Ippolito Musetti.
Che il suo ricordo sia di benedizione a tutti noi.

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COMUNITANDO - www.livornoebraica.org propone questo odierno da il "Jerusalem Post", storico e prestigioso quotidiano israeliano in lingua inglese. Alcentro del pezzo Livorno e il suo strettolegame con la locale presenza ebraica.
Gadi Polacco

Wandering Jew: A look at Livorno

By TANYA POWELL-JONES
04/18/2013 10:34

Once the envy of ruling kings, Livorno’s Jewish history is intrinsically linked to the city’s history. And, both cannot fail to impress the most seasoned traveler.

Livorno
Livorno Photo: Wikicommons
Nestled on the west coast of Italy, Livorno’s Jewish history starts with the history of the city itself. The 16th century saw the first stone being laid to construct this port city, which was to become one of the major ports during the 16th to 18th century.

In the 16th century, to populate the town, the Grand Duke Ferdinando 1 (1587-1609) issued various edicts known as the “Livornine”. These edicts invited merchants of all nations to come to Livorno, especially Jewish merchants. The Grand Duke Ferdinando promised very favorable conditions such as complete religious freedom, tax exemption, and unlike many other cities in Tuscany, Jews did not have to live in a ghetto. Under these conditions the Jewish population grew from 114, in 1601 to 3,000 by 1689.

Jews became involved in a variety of industries such as the coral industry, the soap industry and the coffee trade. In 1632, the Jews imported the first coffee into Italy and opened coffeehouses in Livorno. As the Jews of Livorno prospered news of their fame and fortune spread so much that Louis XIV, King of France, offered to resettle the whole community in Marseilles.

Even with changes in the sovereignty of Livorno the status of the Jews remained, and by the end of the 18th century the Jewish population had swelled to nearly 5,000. However, such prosperity was not to last, and the invasion of Livorno in the late 18th century by Napoleon, the infamous French military and political leader, was the beginning of the city’s decline. One of the main problems was that the Jews had supported the French occupation, and after Tuscany was annexed by the Kingdom of Italy the town of Livorno declined in importance amongst the growing competition from other ports. This led to the decline of the Jewish population, which fell to around 2,500 by the end of the 19th century.

Today, Livorno’s community numbers 600 and boasts a spectacularly designed synagogue, Jewish museums and cemeteries, as well as some superb local Jewish dishes.

To begin a day of sightseeing, head to the Livorno Synagogue, which can only be visited by making a prior appointment. The first Livorno synagogue was unfortunately destroyed during WWII, along with ninety percent of the city by allied bombers. The current synagogue is a modern traditional Sephardic building, and the architecture appears quite striking in the surroundings. As you go inside be prepared to be somewhat blown away by the size of the building, and the attention to detail. Walking around look out for the beautiful 17th-century Haron which was given to Livorno by the synagogue in Pesaro.

The synagogue can be found at Piazza Benamozegh 1(between Via Grande and Via Cairoli).

Next to visit is the Jewish museum. To note, visits are only permitted from September to June, and advance booking is required.

The museum is situated in the Marini Oratory in Via Micali and was established in 1992. The building is neoclassical and inside there is an ark from the old synagogue, which was said to be brought to Livorno by refugees from the Iberian peninsula. There is also a permanent exhibition about the Jewish School of Livorno in 1938, as well as an unusual wooden oriental-style hekhàl.

The museum can be found at Via Micali 21.

After spending the morning taking in Livorno’s Jewish past there are a couple of close by options for lunch such as the Pizza in Piazza at Largo Duomo 13, Livorno. They serve local food and the average cost for lunch is 20 EUR. A second option is La Vecchia Senese at Via del Tempio, 14. They serve traditional Italian food and the average cost for lunch is 25 EUR.

For the afternoon, a visit to Livorno’s Jewish cemetery and the Piazza Attias awaits.

There are three Jewish cemeteries in Livorno. The first Jews of Livorno buried their dead at the Milinacci beach. And, In 1648 Jews were given permission to use an open field near Via Pompilia, known as campaccio, for a cemetery. A second cemetery was opened in 1738 at Via Corallo. The third cemetery, which is still in use, was opened in 1837, and contains the gravestones of the former two cemeteries as well as plaque commemorating those who died in World War I and the Holocaust.

After visiting the cemetery the last stop of the day is the Piazza Attias - named after Jasach Attias, a wealthy merchant from one of the most renowned Jewish families in Livorno. The villa was demolished in the late 1960s, and is now a public square surrounded by three modern buildings. The square has a mixture of architectural designs and there are many shops, cafés and restaurants to explore.

For the evening you can pop into one of the many cafes or restaurants and order Livorno’s most identifiable dishes. The dishes usually contain tomatoes, which were introduced by Livorno’s Spanish Jewish inhabitants. And range from triglie alla mosaica (whole red mullet cooked in tomatoes) to roschette, little ring-shaped bread snacks that you’ll find almost anywhere in the city. And of course, you cannot forget to try a ponce livornese - a powerful mixture of rum, cognac, sassolino, sugar and lemon rind with a shot of coffee.

The Jewish Virtual Library contributed to this report.

lunedì 8 aprile 2013

Anniversario

29 Nissan 5727 - 29 Nissan 5773
RAV BRUNO GERESHON POLACCO (z.l.) 1917/5678 - 1967/5727

NOTE BIOGRAFICHE
Rav Ghereshon Bruno Polacco z.l. nacque nel 1917 a Cesenatico, dove la famiglia si era rifugiata durante la prima guerra mondiale. Rimasto orfano, fu allevato dagli zii paterni, a Venezia, a contatto con l'ambiente del ghetto lagunare, alle cui tradizioni rimase sempre legato. Dimostrata, fin dall'adolescenza, una spiccata predisposizione per gli studi rabbinici, fu avviato in tale direzione dall'allora rabbino di Venezia Adolfo Ottolenghi z.l. Terminate le scuole superiori, studiò al Collegio Rabbinico di Roma, compagno di studi di Augusto Segre z.l., allievo di maestri quali Umberto Cassuto z.l. e Dante Lattes z.l. Conseguito il titolo di maśkil, tornò a Venezia come hazzan, anche per aiutare il proprio maestro, affetto da cecità. Dopo la guerra, mentre fu tra i principali animatori del rinato Circolo Ebraico Veneziano e della Filodrammatica Ebraica Veneziana (per la quale scrisse, tra l'altro, Quarant'anni fa, Giobbe, I due shnorrers), continuò la sua attività con i rabbini Relles z.l. ed Elio Toaff, e, conseguito il titolo rabbinico sotto la guida del suo nuovo, venerato maestro Alfredo S. Toaff z.l., assunse nel 1953 la cattedra rabbinica di Ferrara. Sposatosi, passò, nel 1960, ad aiutare il proprio maestro come vice-rabbino a Livorno, dove divenne Rabbino Capo nel 1963. Molto amato per la sua umanità, seppe riprendere l'autentico minhag della comunità labronica, che lasciò in eredità ai suoi allievi. Molti e importanti i suoi studi linguistici e storici, rimasti quasi tutti inediti, spesso incompiuti per l'improvvisa, immatura morte, che lo colse a soli cinquant'anni. Morì nel 1967.

Un profilo di Rav Ghereshon Bruno Polacco, nel ricordo del Prof. Umberto Fortis

Appartenente alla generazione nata dopo la prima guerra mondiale, Rav Bruno Polacco fu personaggio poco conosciuto nel panorama culturale ebraico italiano del Novecento. Schivo e riservato, dotato di un'eccezionale umanità, che lo fece sempre amare da parte dei suoi correligionari, nelle tre comunità ove rivestì la carica di vice-rabbino o di Rabbino Capo, Venezia, Ferrara e Livorno, egli coltivò, con severo impegno scientifico, oltre agli studi talmudici, gli studi storico-filologici, con l'intento di ampliare le nostre conoscenze della storia degli ebrei d'Italia, accumulando una larga messe di saggi e ricerche, che la sua modestia volle spesso lasciare inediti. Fu la sorte, del resto, che, per ragioni simili, toccò anche ai suoi copioni teatrali, scritti per la Compagnia del Circolo Ebraico Veneziano “Cuore e Concordia”, da lui stesso messi talora in scena, e nei quali cercò di ricostruire i più tipici ambienti ebraici, dalla shtetl centro-europea al hatzer veneziano, attraverso l'abilissima creazione di figure tradizionali del mondo ashkenazita o sefardita o mediante la ricostruzione dell'antica parlata del ghetto. Sono tutti testi che meriterebbero di essere conosciuti, per la profondità e il valore della ricerca, nel primo caso, per il sapore di veridicità e l'affidabilità della rievocazione, cui la serietà dello studioso offre le migliori garanzie, nel secondo: opere che qualificano la complessa fisionomia di un intellettuale, impegnato in una pluralità di direzioni, ma che non ha avuto, fino a ora, il giusto riconoscimento che gli spetta.

Bruno Polacco nacque il 23 dicembre 1917 ( 8 teveth 5678) a Cesenatico, dove la famiglia era stata costretta a rifugiarsi in seguito alla prima guerra mondiale. Rimasto orfano di madre ed essendo il padre richiamato alle armi, fu affidato alla zia paterna, che lo allevò come un figlio. La sua educazione e la sua formazione avvennero perciò a Venezia, a contatto, soprattutto, con l'ambiente del ghetto presso San Girolamo, dove le ataviche tradizioni sapevano ancora garantire l'antica solidarietà ebraica.

Dimostrata, fin dagli anni dell'adolescenza, una spiccata propensione per gli studi rabbinici, fu avviato e favorito in tal direzione dall'allora rabbino di Venezia Adolfo Ottolenghi z.l. Furono, per Rav Polacco, anni di fattiva partecipazione alla vita comunitaria, soprattutto nei centri giovanili e presso il Circolo Ebraico Veneziano, una delle istituzioni allora più importanti della Venezia ebraica.

Terminate le scuole superiori, passò al Collegio Rabbinico a Roma, dove, compagno di studi di Augusto Segre z.l., ebbe come docenti Umberto Cassuto z.l. e Dante Lattes z.l. e dove conseguì il titolo di maskil, prima di tornare definitivamente a Venezia, per assumere la carica di hazzan e per aiutare il proprio maestro Ottolenghi, affetto, negli ultimi anni della sua vita, da cecità. Riprese, così, i contatti con il Circolo Ebraico, e, stimolato dalla presenza di una filodrammatica attiva e applaudita, tentò la via del teatro dialettale, scrivendo, nel 1939, Quarant'anni fa, commedia nella quale riuscì a ricostruire, con grande abilità, la vecchia parlata del ghetto veneziano, i cui residui aveva ascoltato, da bambino, dalla bocca degli ultimi utenti della generazione a lui precedente.

Sfuggito alle persecuzioni razziali, riassunse la carica di hazzan e di vice rabbino, prima con Rav Relles z.l., poi con Rav Elio Toaff, che gli fu sincero amico, e si prodigò per la rinascita della Filodrammatica Ebraica Veneziana per la quale produsse alcuni nuovi copioni, rimasti inediti. Dapprima furono semplici canovacci, scritti in occasione della festa di Purim, come Scherzeto de mascare o I boresi del '700; poi il disegno si fece più ambizioso e portò alla stesura di due testi di notevole spessore: Giobbe, di cui è giunto a noi solo il primo atto, e, nel 1950, I due shnorrers, tratto dalla celebre opera di Zangwill.

L'attività teatrale e l'impegno come insegnante nella rinata scuola ebraica non fecero, tuttavia, trascurare gli studi biblici e talmudici. Conseguito, pertanto, il titolo rabbinico (suo maestro, amato e venerato, era intanto divenuto Rav Alfredo S. Toaff, rabbino di Livorno), assunse, nel 1953, la sua prima cattedra come Rabbino Capo a Ferrara, dove, dopo il matrimonio con Nella Fortis, rimase per sette anni, attivo nel risollevare le sorti della comunità che fu di Isacco Lampronti, ma dedicandosi anche a ricerche storiche e archivistiche. Tra i suoi studi, rimasti anche questi inediti, va ricordato un documentato saggio su L'Università degli uomini lusitani di Ferrara e un'ampia analisi su La comunità di Ferrara e il suo Talmud Tora dalle origini a Isacco Lampronti.

Nel 1960, quando il suo maestro Alfredo S. Toaff lo volle con sé, lasciò Ferrara e si trasferì a Livorno, dove, nel 1963, assunse la carica di Rabbino Capo, amato e stimato dai suoi correligionari. Continuò ad affiancare all'attività rabbinica il suo impegno in studi linguistici e filologici, ponendo, tra l'altro, mano a un dizionario della lingua ebraica, del quale restano i lemmi delle prime due lettere, e pubblicò uno studio su Abravanello Giudeo. Numerose le altre opere alle quali stava attendendo, quando la morte lo colse immaturamente all'età di soli cinquanta anni. Era il 29 di nissan 5727.

(Tratto da: Umberto Fortis, Il ghetto in scena, Roma, Carucci, 1989, con tagli)

RAV BRUNO POLACCO (z.l.) : IL RICORDO DI RAV GIUSEPPE LARAS NEL 40° DELLA SCOMPARSA

Quando a fine estate del 1968 giunsi a Livorno per assumere il Rabbinato di quella comunità,che era stata la comunità di origine della mia famiglia paterna,era trascorso già un anno dalla scomparsa di Rav Bruno Ghereshon Polacco (z.l.).

La sua mancanza veniva avvertita nella comunità in modo indiretto e diretto : sia, cioè, in quella sorta di smarrimento, che è tipica della comunità rimasta a lungo priva di una guida religiosa, sia più esplicitamente nelle espressioni di affetto e di rimpianto che si ascoltavano da parte di molti membri della comunità.

Il mio ricordo di lui inizia a Venezia, un’estate di tanti anni fa, quando mi trovavo là per seguire non so più quale seminario.

Fungeva allora da Vice-Rabbino , detenendo il diploma rabbinico di primo grado (Maskìl) e si occupava di Hazzanut, di insegnamento e di shechità.

La Semichà Rabbinica superiore la conseguirà più tardi presso il Collegio Rabbinico Italiano di Roma, in ciò incoraggiato da Rav Alfredo S. Toaff z.l. e dal di lui figlio – sia distinto per la vita – Rav Elio Toaff.

Prima di essere insediato come Rabbino Capo a Livorno, chiamatovi dal suo predecessore e maestro nel 1960, aveva esercitato il Rabbinato per alcuni anni a Ferrara.

E’ circa intorno a quel periodo che ebbi modo di conoscerlo meglio : l’occasione fu una mia richiesta di informazioni su – così mi pare di ricordare- Jaakov Abrabanel un banchiere stabilitosi a Ferrara intorno alla metà del ‘500.

Assieme alla cordiale disponibilità, ebbi allora modo di apprezzare anche la sua competenza storica ed archivistica.

Quando penso a lui, lo rivedo con il suo sorriso arguto, a tratti un po’ scanzonato, e sempre cordiale.

“Esistono tre tipi di corone : la corona della Torah, la corona del Sacerdozio, la corona del Regno, ma la corona del buon nome è superiore a tutte” (Avoth IV, 13).

Pensando a lui, mi viene d’istinto in mente questa mishnah che in una cornice di apparente semplicità, ci impartisce una lezione preziosa : la “corona del shem-tov” cioè la buona fama di cui un individuo gode nella considerazione delle persone, nell’immaginario della gente comune, a differenza delle altre “corone” che la precedono, non comporta di per se alcuna implicazione connessa ad un kavod particolare.

Invece – ci insegna la mishnah – non solo non è così, ma il livello del shem-tov si colloca in una dimensione che , addirittura, è superiore alle altre, dato che esse, se non sono accompagnate da un comportamento eticamente ineccepibile, cessano automaticamente di comportare alcun obbligo di kavod.

Ma, parlando di shem-tov , non si può non richiamare un noto verso di Qohelet ( I,7 ) : “val meglio il (buon) nome dell’olio profumato”.

Un antico commento, per dar conto dell’accostamento fama-olio e della dichiarata superiorità di quest’ultimo, spiega che , a differenza dell’olio odoroso che, con il passar del tempo, si affievolisce sempre più fino a sfumare del tutto, il buon nome di una persona che ha in vita ben meritato, più passa il tempo, più ingigantisce e si consolida.

E’ per questo che, pur a distanza di 40 anni dalla morte, continuiamo a sentirlo vivo nel ricordo e nel rimpianto.

Rav Giuseppe Laras, Presidente Emerito della Assemblea Rabbinica Italiana e Presidente del Tribunale Rabbinico dell’Alta Italia, è stato Rabbino Capo di Ancona, carica oggi nuovamente detenuta,Livorno e Milano. Professore di Storia del pensiero ebraico all’Università Statale di Milano,studioso di filosofia medievale e conferenziere, è autore di vari apprezzati testi sul pensiero ebraico e collabora a diverse riviste di argomento religioso ebraico.

domenica 7 aprile 2013

Da questa sera a domani sera (8 aprile 2013) si celebra il Giorno della Shoà

In Israele e nel mondo ebraico il Giorno della Shoà (Yom HaShoà) corrisponde al 27 del mese di Nissan, data che venne individuata a cavallo tra l'inizio della rivolta del Ghetto di Varsavia (1943),della quale ricorre quindi quest'anno il 70° anniversario, e quello che dal 1948 sarà invece il Giorno dell'Indipendenza del rinato Stato d'Israele.
Essendo il calendario ebraico lunare, la ricorrenza avrà inizio quest'anno la sera del 7 aprile per terminare l'indomani al tramonto: Israele, paese nel quale dal 1959 per legge questo è il giorno dedicato al ricordo delle vittime della Shoà, ricorderà con varie iniziative questa data .
Ma il momento probabilmente più suggestivo è quello che coinvolge l'intera nazione quando, alle ore 10.00 della mattina ( le 9.00 italiane), al suono di una sirenza che percorre tutto il paese la vita si ferma per due minuti.
Molte le iniziative anche fuori da Israele, compresa l'Italia che vede, attraverso la rete, diffondersi la proposta di osservare due minuti di riflessione in concomitanza con l'iniziativa israeliana.
In Italia, dal 2000, è istituita per legge la Giornata della Memoria : « La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.»
Un passo questo molto importante alla luce del silenzio che, per decenni, ha praticamente coperto  anche il "contributo" dato da fascisti/repubblichini ,partendo dalle "leggi razziali" (razziste) per arrivare alla concreta collaborazione,non di rado,nei rastrellamenti (per non parlare della continua opera di delazione). Un passato scomodo che questo paese non può rimuovere e che rende ancora più importante, per contrasto, l'opera dei Giusti.


Gadi Polacco
Comunitando
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Nella foto un "Ner Neshamà", un lume che viene acceso in ricordo di chi è scomparso.