Accesso a "EBRAISMO LIVORNESE"
venerdì 24 aprile 2015
25 APRILE : OMAGGIO ANTICIPATO DELL'EBRAISMO LIVORNESE, CON GLI AMICI DELLA BRIGATA EBRAICA,NEL RICORDO DI ELIO TOAFF E GARIBALDO BENIFEI
Liberazione di sabato, l'omaggio anticipato ai monumenti dei Caduti e del
Partigiano, dell'ebraismo livornese.
Una folta delegazione,in rappresentanza della Comunità Ebraica,delle
Associazioni Ebraiche e degli amici della Brigata Ebraica (5000 ebrei
provenienti dalla Palestina del Mandato Britannico che parteciparono,con gli
Alleati,alla Liberazione d'Italia con relativo tributo di vittime) ha deposto
una corona ,seguendo poi la lettura di alcuni Salmi e una preghiera in ricordo
dei Caduti e delle vittime.
Nei giorni precedenti,con un comunicato, era stato spiegato il motivo,legato
all'osservanza del Sabato Ebraico, di questa iniziativa anticipata, unendo note
circa la Brigata Ebraica e l'apporto dato dagli ebrei, pur perseguitati ed
emarginati dalla vita del pase sin dal 1938 ("Leggi razziali"),alla Resistenza
partigiana.
Al lutto per la recentissima scomparsa del Rabbino Elio Toaff, partigiano in
Versilia, si è unito nelle ultime ore quello per Garibaldo Benifei, figura
simbolo livornese della Resistenza, mancato in giornata e ricordato al termine
della breve ma sentita cerimonia.
giovedì 23 aprile 2015
IL MONDO EBRAICO LIVORNESE E GLI AMICI DELLA BRIGATA EBRAICA RENDERANNO OMAGGIO VENERDI ALLA LIBERAZIONE
E' stato quindi deciso dalla Comunità,dalle associazioni ebraiche e dagli amici della Brigata Ebraica di rendere omaggio con una delegazione al Monumento ai Caduto e alla Lapide del Partigiano venerdi 24 aprile,alle ore 16.30 .
"Durante la Commemorazione", si legge nella nota, "verranno apposte corone in ricordo dei Caduti, che sacrificarono la vita per gli ideali di Libertà, Giustizia ed Uguaglianza tra gli uomini".
Anche tra le file partigiane, come in quelle degli Alleati (lo ricordava appunto Churchill) indispensabili per la Liberazione d'Italia, la partecipazione degli ebrei italiani fu importante: circa 2.000 persone (circa il 4% della popolazione ebraica di allora,una percentuale enorme se parametrata a quella degli italiani tutti rispetto alla popolazione dell'epoca) combatterono nella Resistenza. Un centinaio di partigiani caddero in combattimento o, fatti prigionieri, furono uccisi sul suolo italiano o nei campi ove furono deportati (come Francesco Cesana, bolognese e più giovane partigiano d'Italia).
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Sia il ricordo di tutti i Caduti per la nostra libertà per benedizione.
COMUNITANDOwww.livornoebraica.org
Nella foto : lo striscione della Brigata Ebraica alle manifestazioni del 25 Aprile (foto d'archivio)
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martedì 21 aprile 2015
Una strada a Livorno per Rav Elio Toaff (zl). Trasmessa la proposta da parte del Capogruppo di Citta' Diversa, Cons. Marco Cannito
Nell'atto si ricorda,tra l'altro,
"la notoria alta statura morale e religiosa di Elio Toaff che va oltre i confini nazionali, ma ha anche un suo forte radicamento personale e
comunitario nella Città di Livorno" , chiedendo quindi di impegnare appunto "l'Amministrazione Comunale
a intitolare al più presto una strada cittadina a Rav Elio Toaff".
Lo stretto e affettuoso rapporto intercorso tra Elio Toaff e la sua citta' natale,pur essendosi egli allontanato da essa in giovane eta' per assumere il suo primo incarico rabbinico,e' noto e si e' manifestato inequivocabilmente nella partecipata e calorosa presenza,istituzionale e popolare, ai funerali svoltisi lunedì 20 aprile 2015.
Con la proposta di intitolazione di una strada si apre ora,concretamente,un percorso che si spera giunga rapidamente a compimento.
Anche a Roma, auspicio pervenuto direttamente dal Presidente della Repubblica e prontamente raccolto dal Sindaco Marino, dovrebbe avviarsi analogo iter .
L'iniziativa del Cons. Cannito ha quindi l'ulteriore merito di porre Livorno in parallelo con la capitale e non puo' infine sfuggire, nello stendere queste note,l'eleganza della scelta di dare notizia della mozione solo dopo il corale saluto cittadino al Rabbino Toaff.
Comunitando
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Comunitando - www.livornoebraica.org - Blog a cura di Gadi Polacco
lunedì 20 aprile 2015
UN RICORDO DI RAV ELIO TOAFF (z.l..) DEL RABBINO PROF. GIUSEPPE LARAS
Tra i molti messaggi che riguardano la figura del Rabbino Elio Toaff (z.l.), particolarmente significativo è il ricordo scritto dal Rabbino Prof. Giuseppe Laras, già Rabbino Capo di Livorno e Milano (dopo una prima esperienza anconetana), per molti anni Presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana e attualmente alla guida, tra gli altri prestigiosi incarichi,del Tribunale Rabbinico Centro-Nord Italia. A lui si devono altresì numerosi e profondi saggi e un'intensa attività anche nel campo del dialogo interreligioso.
Comunitando
www.livornoebraica.org
IN MEMORIA DEL NOSTRO MAESTRO RAV ELIO TOAFF z.tz.l.
Per la sua età e per il suo passato era il simbolo amato e rispettato dell'Ebraismo Italiano.
La sua lunga esistenza lo ha visto protagonista inconfondibile di non pochi momenti tragici della nostra storia nazionale, in cui seppe, con autorevolezza e con coraggio, condannare la violenza dei malvagi e consolare le vittime innocenti del terrorismo.
La sua figura carismatica e determinata ne ha fatto un padre per l'Ebraismo Italiano.
Come Direttore del Collegio Rabbinico Italiano, impartì a lungo lezioni di Torah e di comportamento etico, eseguendo con spontaneità e rigore il compito essenziale di un Maestro di Israele.
Ma il suo nome rimane, in particolare, strettamente legato al Dialogo con la Chiesa Cattolica, che, con la visita di Giovanni Paolo II nel Tempio Maggiore di Roma nell'aprile 1986, prese slancio e vigore, riequilibrando un giudizio fino ad allora fortemente critico su un re-incontro tra ebrei e cristiani.
In questo momento di commiato dal mondo terreno, desidero esprimere ai familiari la mia partecipazione sincera e commossa al lutto; e alla Comunità di Roma, come Istituzione e come singole individualità, la mia più viva condivisione del dolore, nella persuasione che una buona semina non può non dare un buon raccolto!
Sono altresì profondamente persuaso che il modo migliore per ricordare un Maestro di Israele e mantenere vivo il suo insegnamento sia quello, per ciascuno di noi, di studiare Torah e di animare costruttivamente e proficuamente la plurimillenaria Tradizione spirituale e morale dell'Ebraismo Italiano, avvicinandosi sempre più ad essa.
Tihyè Nishmahtò Tzerurah bitzròr ha-Hayyìm!
Rav Prof. Giuseppe LARAS
Av Beth Din
domenica 19 aprile 2015
Shalom Rav Elio Toaff (zl)
Alla laurea rabbinica conseguita a Livorno fece seguito l'impegno rabbinico che,iniziato ad Ancona,lo porto' a Venezia e poi a Roma,citta' nella quale ebbe modo di esprimere in pieno le sue enormi capacita', da vero e proprio naturale leader.
Molti i passaggi significativi della sua prestigiosa carriera,nella capitale.
Attraverso' con coraggio e grande forza gli orrori del periodo nazifascista. Uomo del dialogo, fu capace di agire con saggezza e autorevolezza anche nei più delicati frangenti.
Rimase sempre legato alla sua Livorno che gli riconobbe la Livornina d'oro."Salutatemi il Voltone"*, ci disse quando,in occasione dei 97 anni,lo andammo a salutare a Roma : lo ricorderemo con immenso affetto e gratitudine.
Sia il suo ricordo per benedizione.
* (a Livorno piazza della Repubblica è storicamente definita "il Voltone")
Con Rebecca Levi , vedova Funaro, scompare una delle memorie storiche della Comunità Ebraica livornese
Livorno era quindi la sua città e,assiduamente presente alle iniziative della Comunità, era una delle memorie storiche della vita ebraica livornese.
La sua vita ha infatti attraversato un periodo storico denso di cambiamenti e nel quale non sono mancati i momenti bui : parlare con lei , persona sempre disponibile e dotata di naturale simpatia, consentiva di immergersi in quella Livorno non ancora gravemente ferita dalla guerra, con i suoi danni morali, civili e materiali, nella quale la vita ebraica,pur vari essendo i luoghi di culto attivi, ruotava intorno alla splendida Sinagoga perduta a causa della guerra ed essenzialmente dei danni in seguito consolidatisi.
Ben presente a tanti che l'hanno conosciuta è la commozione,mista a comprensibile nostalgia nonostante gli avvenimenti avversi e il clima nel paese di quel periodo , nel quale erano in vigore le leggi razziali (razziste), con la quale ricordava il proprio matrimonio, l'ultimo che si sarebbe celebrato nell'antico Tempio che sorgeva dove oggi vi è l'attuale Sinagoga.
Visse quindi le persecuzioni e poi la rinascita postbellica divenendo infine figura assai conosciuta a Livorno per aver operato per oltre quarant'anni, quale commerciante,in quel cuore cittadino costituito dal mercato di via Buontalenti.
La sua piena "livornesità" non le fece comunque mai perdere l'attaccamento alle proprie origini,spesso regalando a chi la incontrava detti di quei luoghi o intonando cantilene tipiche.
I funerali, con partenza dalla camera mortuaria dell'Ospedale per il Cimitero Ebraico, si terranno lunedi 20 aprile, alle ore 16,00 : ai figli Adriana,Alberto,Elisa e Milena, ai nipoti e ai parenti tutti sincere condoglianze.
Sia il suo ricordo per benedizione.
Comunitando
www.livornoebraica.org
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mercoledì 8 aprile 2015
La scomparsa di Rosina Coen Novelli (zl)
Nata nel 1925 , e' stata figura assai attiva nell'ambito della Comunita' Ebraica livornese,al fianco del marito Guido Novelli (zl), Parnas ("provveditore") del Tempio , più volte consigliere della Comunita' e attivo nell'ambito del mondo associativo ebraico livornese e nazionale,attività poi proseguite dai figli,in particolare dal figlio. David
Suo fratello, Ruggero Coen (zl), e' stato a lungo Rabbino Capo di Alessandria.
Lascia un grande e affettuoso ricordo tra quanti l'hanno potuta conoscere e apprezzare.
Sia il suo ricordo per benedizione.
lunedì 6 aprile 2015
AUGURI AL RABBINO GIUSEPPE LARAS, DALLA SUA LIVORNO, PER L'OTTANTESIMO COMPLEANNO.
Nella nostra città il segno lasciato da Rav Laras è indelebile e in ogni occasione nella quale ha potuto da noi è tornato, mantenendp quindi sempre un forte legame ricambiato con stima e grande affetto.
Risale al 1968 l'assunzione della cattedra rabbinica livornese da parte sua, essendo mancato l'anno prima Rav Bruno G.Polacco (z.l.), quella cattedra che prima era stata di Samuele Colombo (z.l.) e poi di Alfredo S.Toaff (z.l.) : alla sua partenza per Milano,nel 1980, l'incarico labronico verrà assunto da Rav Isidoro Kahn (z.l.).
Rabbino Capo a Milano sino al 2005, nel 2011 riassume la carica presso la Comunità di Ancona , dopo essere stato anche, per sette anni,direttore del Collegio Rabbinico Italiano, per molti anni Presidente dell'Assemble Rabbinica Italiana e di Tribunali Rabbinici (attualmente quello del Centro Nord Italia).
Figura di enorme e invidiabile spessore culturale , non solo in ambito ebraico come ben descritto nell'articolo citato,è autore di numerosi saggi.
Anche nel campo del dialogo interreligioso il periodo livornese appare fondamentale nella biografia di Rav Laras, grazie all'intensa collaborazione e amicizia con il Vescovo Alberto Ablondi, amico indimenticabile del mondo ebraico,con il quale manterrà sempre continui e profondi contatti.
Ecco perchè, già da questi sommari accenni, è possibile rivolgere i più sinceri auguri a Rav Laras dalla "sua Livorno" che lo attende, speriamo di poter presto indicare la data, per festeggiarlo e presentare l'ultima sua pubblicazione, invitato dal Benè Berith "Isidoro Kahn" che, significativamente e anche per l'amicizia con lo scomparso Presidente Piero Shemuel Cassuto (zl),egli volle inaugurare nel 2009 con un proprio intervento.
Ad me'ah ve'esrim shanah – עד מאה ועשרים שנה,sino a centoventi anni, secondo la tradizionale formula augurale ebraica.
Gadi Polacco
www.livornoebraica.org
Foto : 2009, l'intervento del Rabbino Laras per l'inaugurazione del Benè Berith. Accanto a lui Piero Shemuel Cassuto e Mons. Alberto Ablondi (sia il loro ricordo per benedizione)
L'ARTICOLO DAL SITO DELLA COMUNITA' EBRAICA DI MILANO
Vittorio Robiati Bendaud
Scrivere di Rav Laras in occasione del suo ottantesimo compleanno non è facile, perché è difficile selezionare che cosa dire, data la mole di informazioni, eventi, studi, prese di posizione che lo riguarda, non solo in lingua italiana o in lingua ebraica.
È anche difficile perché l’uomo non è un tipo facile: è timido, riservato, poco incline alle confidenze, talvolta scontroso, burbero e persino intrattabile, certamente esigente; ma, al contempo, è anche ironico e pieno di sense of humour, profondamente buono e dall’intelligenza vivace, ben disposto e comprensivo verso la fragilità e le difficoltà delle persone, naturalmente elegante di un’eleganza demodé e un po’ “stropicciata”. I primi tratti che ho descritto della sua personalità sono quelli che ne hanno fatto un mistero per molti, che non lo compresero, si ché avvertirono e tuttora avvertono una certa “distanza” e freddezza da parte sua. C’è poi il Rav Laras che conosciamo io e altre persone, a cui siamo legati per vincoli di affetto, amicizia, stima e studio, per cui, come è noto, ha-ahavah meqalqeleth et ha-shurah (l’affetto altera il giudizio).
Sono tre i grandi cammei, certamente veri, ma assai incompleti e decontestualizzati, con cui i più, ebrei e no, si riferiscono al Rav:
I. Rav Laras “il Sopravvissuto” a una delle tante atroci storie “private”, dall’esito drammatico, della Shoah, ove perse, vedendole scomparire per sempre dai suoi occhi, sua mamma e sua nonna; lui, fuggitivo solitario di notte, ancora bambino, dalla Torino della guerra, che perse per lo shock la parola per alcuni mesi;
II. Rav Laras l’ “uomo del Dialogo”, circa il dialogo ebraico-cristiano in particolare, di cui è tra i precursori, tra gli interpreti più coraggiosi e tra i maggiori araldi e animatori, ma anche in relazione al difficile dialogo interreligioso con l’Islàm, dato che fu lui a inaugurare e tenacemente mantenere i rapporti con la CoReIs prima e con alcune altre associazioni culturali islamiche poi, ivi inclusa la partecipazione agli incontri della Conférence Européenne des Imam et des Rabbins, invitato dall’allora Grande Rabbino di Francia -suo caro amico- Rav R. S. Sirat;
III. Rav Laras “il Professore”, docente universitario a Pavia e a Milano, dopo il successo negli studi di giurisprudenza prima (dove ebbe per docenti Norberto Bobbio e Stefano Rodotà) e di filosofia poi (dove studiò con Nicola Abbagnano e Mario Tronti).
Per cercare di capire Rav Laras, tuttavia, volenti o nolenti, dobbiamo inquadrare -e restituire- il suo profilo principale, il più delicato, che gli è costato non pochi oppositori, detrattori e nemici, ossia Rav Laras “il rabbino”, il che è inscindibilmente anche correlato alla sua attività di studioso del pensiero ebraico e di animatore italiano del Sionismo.
Per sintetizzare, ma con il rischio di banalizzare, sono due i caratteri principali alla base della sua attività rabbinica: un ponte, anche biografico, tra ebraismo italiano e mondo sefardita –specie per quanto concerne la Halakhah e il rapporto Torah-Madda-, ove per mondo “sefardita” non si intende quello orientale e nord-africano, bensì i grandi centri spagnolo-portoghesi di Livorno, Venezia, Ferrara, Ancona, Amsterdam e Londra. E Rav Laras, pur essendo torinese per nascita e formatosi alla scuola di Maestri dell’ebraismo italiano, è anche di origine livornese, dunque di quel particolare mondo sefardita, come spesso lui stesso orgogliosamente rivendica; in secondo luogo, una linea mediana ortodossa tra “interno” e “esterno”, tra studi profani e studi religiosi, che gli ha alienato il (dubbio) privilegio di una claque di sostenitori, trovando resistenze sia tra alcuni laici –specie quelli liberal e radical chic- sia tra alcuni religiosi, in particolar modo se pseudo-tali o poco preparati.
Rav Laras ha avuto il privilegio di ascoltare le lezioni di una delle massime autorità ashkenazite del ‘900, il Rav Yechiel Ya‘aqòv Weinberg, autore della fondamentale opera di Halakhah “Seridé Esh”, con cui ebbe più volte occasione di studiare, recandosi spesso anche in Svizzera alla Yeshivah di Montreux (con Weinberg studiarono, tra gli altri, Rav E. Berkovits e il Rebbe di Lubavitch). Rav Weinberg insegnò presso il seminario rabbinico ortodosso berlinese Hildesheimer, succedendo a un altro grande posèq del Novecento, Rav Davìd Hofmann, autore dell’opera di Halakhah Melammed le-Hoìl, su cui il compianto Rav Dario Disegni –tra i principali e più cari Maestri di Rav Laras- faceva allora studiare ed esercitare i giovani talmidìm della Scuola Rabbinica Margulies di Torino, da lui fondata. Va specificato che Rav Hofmann fu allievo diretto del Rav Azriel Hildesheimer, entrambi fautori di una ortodossia ebraica disposta ad affiancare positivamente lo studio approfondito delle discipline profane (scientifiche, giuridiche e filosofiche) allo studio della Torah e delle fonti tradizionali.
Riconnettersi idealmente -pur con le mille differenze, talora anche molto pronunciate, che contraddistinguono queste voci del mondo ortodosso ashkenazita- a Maestri quali Hofmann, Hildesheimer e Wienberg, significa, come è stato per Rav Laras, frequentare e conoscere per tangenza le opere di altre autorità rabbiniche ashkenazite dell’ ‘800 e ‘900 quali Shimshon Raphael Hirsch e Yitzkhaq ben Ya‘aqòv Reines (tra i padri del Sionismo religioso), giungendo sino alle voci della Modern Orthodoxy americana dei rabbini E. Berkovits e di J.D.B. Soloveitchick.
Ma Rav Laras è anzitutto un rabbino italiano e la guida principale dei suoi studi fu il già ricordato rabbino capo di Torino Rav Dario Disegni, rinnovatore e promotore degli studi rabbinici in Italia nel secondo dopoguerra, assieme a Rav Elia Samuele Artom, con cui studiava Talmùd la mattina presto prima di andare a scuola, e, quando una mattina per caso il giovane Giuseppe era in ritardo per la sveglia, la mattina successiva Rav Artom anticipava la lezione alle quattro. Rav Laras –in privato lo ricorda spesso- crebbe studiando con Rav Dario Disegni, il quale voleva e si raccomandava che i “suoi” rabbini fossero buoni e preparati hazzanìm (cantori sinagogali), valevoli shochatìm (macellai rituali) e, quindi, tutto ciò premesso, avveduti e potenzialmente autonomi rabbanìm (rabbini), meglio se anche laureati, come auspicava. La “linea” di Rav Disegni, che appunto prevedeva, tra gli altri, il riferimento ad autorità halakhiche quali David Hofmann, era quella invalsa da secoli presso il rabbinato italiano, che ebbe come massimi interpreti nell’800 i grandi Maestri I. S. Reggio, S. D. Luzzatto ed E. Benamozegh. Tuttavia la tradizione ebraica italiana, ben prima dei Maestri appena ricordati, già da alcune centinaia di anni, accostava, pur se non sempre pacificamente, agli studi religiosi tradizionali, quelli scientifici e filosofici. Si pensi così a Autorità halakhiche riconosciute in tutto il mondo e ben studiate da Rav Laras, quali Ishmael ha-Cohen (Laudadio Sacerdoti, XVIII sec.) e ai suoi responsi (Zera Emeth); a Yitzkhàq Lampronti (XVII-XVIII sec.), autore del Pachàd Yitzkhàq –la prima monumentale enciclopedia halakhica al mondo-; al grande Malachì ha-Cohen (XVII-XVIII sec.), talmudista insigne autore del celebre scritto Yad Malachì, uno dei primi grandi dizionari talmudici; a Shimshòn Morpurgo (XVII-XVIII sec.), autore del noto testo di Halakhah Shemesh Tzedaqà; a Moshè Zaccuto noto come Remaz (XVII sec.), a Leon da Modena (XVII sec.) e alle sue teshuvoth, a Ovadyah Sforno (XV-XVI sec)e a Ovadyah da Bertinoro (XV-XVI sec.). Si tratta per lo più di Maestri che in genere seppero coniugare, pur con diversa intensità, la Halakhah con la cultura scientifica e umanistica loro contemporanea.
È chiaro che vi è un precedente, un archetipo sefardita per eccellenza in relazione a tutto ciò, pur tra le mille difficoltà che sorgono e sempre sorgeranno in relazione alla sua comprensione, il Rambàm, Mosè Maimonide. E Rav Laras è appunto un insigne studioso del pensiero di Rambàm. Tuttavia, anche per davvero comprendere la passione maimonidea di Rav Laras, occorre fare un’incursione nel mondo della Halakhah. Il motivo è che –come ricorda spesso Rav Laras- pur conoscendo, recependo e apprezzando lo Shulkhàn ‘Arùkh di Rav Yosef Caro, gli italiani in genere tradizionalmente erano soliti apprendere e insegnare la Halakhah, al pari degli yemeniti, riferendosi in primis a Maimonide e alla sua opera di codificazione, il Mishneh Torah. Così gli fu insegnato e così gli venne confermato da due celeberrime autorità rabbiniche sefardite con cui ebbe modo più volte di studiare: da giovanissimo, seppur in poche occasioni, con Rav Bentziòn M. Hai ‘Uzziel, Rabbino Capo sefardita di Israele e autore dell’importante e celebre opera di Halakhah Mishpeté ‘Uzziel, che lo interrogò proprio sul Maimonide, raccomandandogli, in quanto italiano e sefardita, di basarsi in primis su Rambàm; successivamente, con l’amico e maestro Rav Yosef Kappakh (o Kafikh), autorità halakhica yemenita, traduttore e curatore contemporaneo dell’opera di Maimonide, anch’egli sostenitore della “vicinanza” tra italiani e yemeniti nella ricezione della linea maimonidea nei saperi e nella Halakhah. Non è dunque un caso, ad esempio, che Rav Laras sia inoltre legato da vincoli di amicizia al noto intellettuale israeliano e grande studioso di Maimonide Aviezer Ravitzky.
Quando si tratta di Maestri contemporanei nell’ambito della Halakhah, chi conosce Rav Laras sa che egli ama rifarsi, oltreché a Rav ‘Uzziel, a Rav Hayyìm David ha-Levì e al suo caro amico e insigne autorità halakhica, scomparso nel 2003, Rav Shalom Messas, all’epoca Rabbino Capo di Gerusalemme.
Vi è ancora un nome, molto celebre in Francia e ancor più in Israele, tra i Maestri di Rav Laras, quello di colui che più lo ha ispirato assieme a Rav D. Disegni, il grande Rav Leon Ashkenazi, di cui fu a lungo allievo e amico, sino agli ultimi giorni di vita di Manitou, come era chiamato dai suoi discepoli. E con Leon Ashkenazi, obbligatoriamente, si deve parlare di pensiero ebraico.
Rav Laras, almeno in Italia, è tra i pochi ad aver conosciuto personalmente, incontrandoli in più occasioni, Martin Buber e lo scrittori Shemuel Agnon. Il Rav, inoltre, ha avuto modo di studiare, formarsi, incontrarsi e confrontarsi a lungo con tre pilastri del pensiero ebraico del ‘900, per lo più ignoti in Italia: Nechama Leibovits, Shemuel Hugo Bergman e Nathan Rotenstreich.
Vi è, infine, un’altra amicizia intellettuale di cui è necessario e fondamentale rendere conto, quella tra Rav Laras e lo scomparso Meir Benayahu, figlio del Rabbino Capo di Israele Yitzkhaq Nissìm (con cui Rav Laras ebbe anche modo, seppur fugacemente, di studiare Halakhah). L’amicizia con Meir Benayahu è documentata da alcuni articoli a quattro mani, tramite i quali, Rav Laras entrò anche in contatto, come testimoniato da una corrispondenza, con Ghershom Scholem, che gli fece alcuni appunti, dandogli preziose indicazioni di studio e di ricerca. Ritroviamo, da ultimo, Rav Laras in alcune voci da lui redatte in quel grandioso monumento letterario della cultura ebraica che è la Encyclopedia Judaica.
Chi scrive ha raccolto con fatica in vari anni, nei rari momenti (pochi) in cui Rav Laras si è “sbottonato” circa i suoi studi e le sue frequentazioni intellettuali, queste preziose informazioni, altrimenti scrupolosamente occultate dal Rav che è molto restio circa i suoi fatti privati, cercando adesso di restituire al lettore il complesso puzzle della biografia rabbinica di Giuseppe Laras.
Ci sarebbe forse anche da aggiungere che Rav Laras ha ordinato molti rabbini; che il padre Samuele Guglielmo non voleva che facesse il rabbino (obbligandolo così prima a laurearsi in Giurisprudenza); che Leon Ashkenazi lo considerava una schiappa a calcio; che, infine, è stata la moglie, la Signora Elena Ester, a incoraggiarlo a studiare medicina come terza laurea, cosa che però il Rav dovette alla fine dissuadersi dal fare.
Essendo giunto alle conclusioni, vorrei articolarle in tre brevi snodi. Il primo riguarda Rav Laras in quanto autorità rabbinica e Maestro dell’ebraismo italiano contemporaneo, tra gli ultimi eminenti esponenti, noti e apprezzati anche all’estero, della “linea italiana”, profondamente ancorata alla Tradizione e a questa dichiaratamente fedele, pur al contempo apprezzando l’apertura positiva e intelligente verso il mondo e la cultura esterni. Un modello di religiosità e di osservanza, quello proposto e vissuto dal Rav, poco incline a modernismi alla moda, come pure a rigorismi e a lassismi entrambi troppo facili per quanto opposti, eppure a suo modo elastico, alla ricerca –talora inquieta- di una maimonidea via mediana.
Il secondo snodo riguarda Rav Laras in quanto interprete e studioso del pensiero ebraico. Rav Laras è tra i pochissimi che sappia davvero di che cosa si stia parlando, e uno dei suoi scritti più recenti “Ricordati dei giorni del mondo” ne rende ampiamente testimonianza. Rav Laras è infatti l’unico in Italia che poteva permettersi legittimamente di incrinare, come in parte sta cercando di fare, l’invalso trend di collegare il pensiero ebraico in primo luogo e unicamente al mondo della filosofia greca e occidentale in genere, piuttosto che a quello della Halakhah. Rav Laras sta così dando a molti intellettuali italiani -ebrei, cristiani e non credenti- un avvertimento culturale, sia per contenuti sia metodologico, circa la comprensione limitata -e dunque falsata ed erronea- del pensiero ebraico (specialmente moderno e contemporaneo) se sulla base principalmente delle opere, pur importanti e imprescindibili, di alcuni pensatori ebrei del Novecento molto noti (H. Cohen, L. Baeck, F. Rosenzweig, M. Buber, A. J. Heschel, E. Lévinas), che però sono per lo più abbastanza distanti dall’autocoscienza e dal generale sentire degli ebrei osservanti e dei rabbini, sia in Italia sia nel resto della Diaspora sia in Israele. Circa questo secondo snodo, infine, va detto che Rav Laras, anche per quel che concerne il Dialogo interreligioso ed ebraico-cristiano in particolare, ha insistito e continua a insistere sulla centralità di un positivo, continuo e costruttivo riferimento al pensiero sionista.
Il terzo e ultimo snodo riguarda cosa di lui ebbe a scrivere un suo caro amico cristiano, che non potevo non menzionare, il card. Carlo Maria Martini, che così si espresse in una lettera che mi inviò alcuni anni fa: “Sono stato vicino all’impegno del Rav Giuseppe Laras per almeno ventidue anni, e anche in seguito ho potuto incontrarlo e godere della sua bontà e amicizia. Ho sempre visto in lui un vero gentiluomo, pieno di rispetto e di riserbo, ma insieme un uomo di profonda preghiera, un conoscitore esperto delle Sacre Scritture, un servitore di Dio e del Suo popolo”. Parimenti, così gli scrisse recentemente Rav Jonathan Sacks, emerito Grande Rabbino di Inghilterra e del Commonwealth: “It has been a great privilege knowing you these past years, and knowing how blessed the Jewish people is to have spiritual leaders like yourself. You are a man of wisdom, tolerance and great generosity of spirit, and may Hashem continue to bless all you do.”
Per concludere, vorrei finire con una frase sintetica che Rav Laras usa spesso per introdurre il pensiero di uno dei più grandi Maestri di Israele di tutti i tempi, il cui studio molto ancora lo appassiona, Sa‘adyah Gaòn: “per ben credere occorre saper ben ragionare”. Credo che questa frase fotografi, a più livelli, e anche in filigrana, molto di Rav Laras.
‘Ad meah ve-‘esrìm, Rav Yoseph!
giovedì 2 aprile 2015
AUGURI PASQUALI "TRASVERSALI"
Gadi Polacco
Comunitando
www.livornoebraica.org
PESACH ovvero la Pasqua ebraica, inizio venerdi 3 aprile 2015 sera:
"Pesach, la pasqua, è la prima delle tre grandi ricorrenze liete della tradizione ebraica. La festa commemora la liberazione dalla schiavitù d'Egitto, evento che diede origine alla vita indipendente del popolo d'Israele e che fu il primo passo verso la promulgazione della Legge divina.
Inizia il 15 del mese ebraico di Nissàn, nella stagione nella quale, in terra d'Israele, maturano i primi cereali; segna quindi l'inizio del raccolto dei principali prodotti agricoli. è anche nota col nome Hag hamatzot, festa delle azzime. In terra d'Israele Pesach dura sette giorni dei quali il primo e l'ultimo di festa solenne, gli altri di mezza festa. Fuori d'Israele – nella Diaspora – la durata di Pesach è di otto giorni, dei quali i primi e gli ultimi due sono di festa solenne. In ricordo del fatto che quando furono liberati dalla schiavitù gli Ebrei lasciarono l'Egitto tanto in fretta da non avere il tempo di far lievitare il pane, per tutta la durata della ricorrenza è assolutamente vietato cibarsi di qualsiasi alimento lievitato o anche solo di possederlo. Si deve invece far uso di matzà, il pane azzimo, un pane non lievitato e scondito, che è anche un simbolo della durezza della schiavitù.
I giorni precedenti la festa di Pesach sono dedicati a una scrupolosa e radicale pulizia di ogni più riposto angolo della casa per eliminare anche i piccoli residui di sostanze lievitate. Usanza mutuata anche dalla lingua italiana nella quale ricorre spesso l'espressione "pulizie di Pasqua" – sinonimo anche delle "pulizie di primavera".
La prima sera viene celebrato il Seder, in ebraico "ordine", suggestiva cena nel corso della quale vengono rievocate e discusse secondo un ordine prestabilito le fasi dell'Esodo, rileggendo l'antico testo della Haggadah. Si consumano vino, azzime ed erba amara in ricordo dei dolori e delle gioie degli Ebrei liberati dalla schiavitù. Si inizia con l'invito ai bisognosi ad entrare e a partecipare alla cena e si prosegue con le tradizionali domande rivolte al padre di famiglia dal più piccolo dei commensali; la prima di queste è volta a sapere "in che cosa si distingue questa notte dalle altre?". Tali quesiti consentono a tutti i presenti di spiegare, commentare, analizzare i significati dell'esodo e della miracolosa liberazione dall'Egitto, le implicazioni di ogni schiavitù e di ogni redenzione.
I simboli della festa, la scrupolosa pulizia che la precede, il pane azzimo vale a dire il "misero pane che i nostri padri mangiarono" – il Seder, la lettura della Haggadah, fanno sì che ben pochi bambini arrivino all'adolescenza senza conoscere la storia dell'uscita dell'Egitto e senza avvertire che questa è una parte essenziale della loro storia.
La matzà, il duro alimento che sostituisce il morbido e saporito pane di tutti i giorni, sta anche ad indicare il contrasto tra l'opulenza dell'antico Egitto, l'oppressore, e le miserie di chi, schiavo, si accinge a ritrovare appieno la propria identità.
Può anche ricordare che la libertà è un duro pane, così come l'eliminazione dei lieviti può rappresentare la necessità di liberarsi dalla corruzione della vita servile e anche dalle passioni che covano nell'intimo dell'animo umano." (dal sito dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane)
Tra i simboli che ricordano,durante la cena del Seder, le durezze della schiavitù in Egitto vi è il "charoset", una sorta di marmellata di frutta che ricorda la malta usata durante i lavori.
Questa un'antica ricetta livornese:
Livorno
Orden
De hazer el Arosset
Tomaran mansanas, o peras cozidas en agua:auellanas, o almendras: castanas piladas, o nuezes: higos, o passas: y despues de cozido, molerloan mucho, y destemplarloan con vinagre de vino el mas fuerte que hallaren. Y despues mesclarlean un poco de polvo de ladrillo, por memoria de los ladrillos que nuestros padres hizieron en Egipto. Y para se comer, se echa un poco de polvo de canela por en sima.Y queriendo poner mas de otras frutas y espesias dentro del cozimiento, lo pueden azer.
David de Iacob Valencin, Livorno nella stamperia de Gio. Vincenzo Bonfigli per gli eredi del Minaschi, anno 5414, (1654)