Accesso a "EBRAISMO LIVORNESE"
sabato 29 aprile 2017
Mazal tov a Il Tirreno per i suoi primi 140 anni nei quali ha raccontato anche la storia dell'ebraismo livornese.
martedì 25 aprile 2017
Anche questo 25 Aprile il ricordo della Brigata Ebraica a Livorno.
lunedì 24 aprile 2017
25 APRILE, BRIGATA EBRAICA E UN ANNIVERSARIO
Come ormai tradizione, anche a Livorno per la Liberazione ci sarà lo striscione della Brigata Ebraica perchè, comunque la si pensi sull'odierna questione mediorientale , i fatti attestano che quei 5000 ebrei, venuti volotariamente dalla terra che sarebbe poi diventata lo Stato d'Israele, allora sotto Mandato Britannico,in Italia hanno combattuto (rischiando ulteriormente perchè nemici e anche ebrei,quindi sottoposti alle persecuzioni razziali nazifasciste) patendo anche vittime.
I Caduti della Brigata Ebraica riposano a Piangipane di Ravenna, nel Cimitero di Guerra del Commonwealth e le foto qui riportate ritraggono il Rabbino Bruno Polacco durante l'annuale commemorazione che si tiene in quel luogo, presente quale Rabbino Capo di Ferrara (1954-1960).
Così faceva il suo predecessore e altrettanto i successori ,a semplice dimostrazione, visto che ho sentito dire anche che il mondo ebraico italiano la Brigata Ebraica l'avrebbe scoperta solo in questi anni,che quei Caduti non sono mai stati dimenticati.
Buon 25 Aprile!
COMUNITANDO blog
www.livornoebraica.org
mercoledì 5 aprile 2017
APRILE DI AUGURI INTERRELIGIOSI E UN DISCORSO SU PESACH (la Pasqua Ebraica) DEL RABBINO BRUNO G. POLACCO(z.l.) NELL'IMMINENZA DEI 50 ANNI DALLA MORTE E IN VISTA DEI 100 ANNI DALLA NASCITA
COMUNITANDO
(blog di cose ebraiche e dintorni a cura di Gadi Polacco)
Nell'imminenza di Pesach, la Pasqua Ebraica dell'anno 5777 che avrà inizio il 10 aprile sera, in vista della Pasqua Cristiana del 16 aprile e alla luce delle numerose altre ricorrenze, anche di altre fedi,
che distinguono questo mese di aprile, i più sinceri auguri ai vari credenti in festa e, come sempre, ottime cose anche a tutti gli altri e a chi non crede.
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PESACH 5725 (Pasqua Ebraica)
Trascrizione di un testo redatto da Rav Bruno G. Polacco* (z.l.), Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Livorno, per un intervento al Tempio Maggiore in occasione di Pesach 5725/1965.
Non sono state riportate le citazioni in ebraico, comunque riprese anche in italiano.
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Nessun avvenimento storico-religioso, fra i molti che arricchiscono la nostra storia, ha mai influenzato la vita sociale religiosa, morale e giuridica d'Israele, quanto l'evento che da millenni indichiamo col nome di Pesach (Pasqua), o con le espressioni di "uscita dall'Egitto","festa delle azzime", oppure "epoca della nostra indipendenza".
Nella Torà, in cui ha pieno valore di "precetto affermativo", il dovere di rimembrare oltreché di celebrare di anno in anno in forma degna i fatti che,nel loro complesso,resero possibile l'esodo di un intero popolo dal paese in cui aveva trascorso 430 anni di durissima schiavitù, è più volte enunciato e ciò prova in modo probante l'importanza e l'influenza che l'evento ha esercitato in ogni settore del pensiero ebraico.
Non poche sono infatti le mitzvot (precetti ,ndr) che ad esso esplicitamente si ispiranoo addirittura da esso traggono origine.
Vedasi ad esempio, tanto per citarne alcune : in Shemoth (Esodo-ndr), agli effetti dell'enunciazione e della prescrizione del monoteismo assoluto che dovranno praticare gli Ebrei,nel comandamento, Dio collega questo tipo di culto che esige dal suo popolo con l'Uscita dall'Egitto; e in Devarim (Deuteronomio-ndr), dove il Decalogo è ripetuto con lievi varianti, il ricordo dell'epico evento è strettamente connesso al precetto dell'osservanza del sabato; le stesse festività di Shavuoth e di Succot – che con Pesach formano il trio delle ricorrenze gioiose dette i "tre pellegrinaggi" perché in esse ogni ebreo aveva l'obbligo di presentarsi al Tempio di Gerusalemme ed ivi esternare la sua letizia – e le mitzvot (precetti – ndr) dei tefillin (filatteri) e dello zizit (al plurale ziziot ,le quattro frange che si trovano agli angoli del talit,il "manto da preghiera" – ndr), tutte si richiamano al "ricordo dell'esodo dall'Egitto" ; un'ultima ne citiamo,il cui elevatissimo valore morale, e sociale, non ha bisogno di commento tanto è evidente : la prescrizione di rispettare il forestiero che viva im ambiente ebraico,perché, dice la Torà "voi che siete stati forestieri in terra d'Egitto,conoscete lo stato d'animo del forestiero".
E come un eco fedele, ininterrotto e concorde, alle norme della Legge, il pensiero dei Maestri che ricevettero la Torà dai successori di Mosè e gelosamente la conservarono immutata nella lettera e nello spirito, sottolinea l'importanza dell'evento pasquale e la influenza da esso esercitata su tutto lo svolgimento della vita ebraica nel decorso dei secoli,caldamente perorandone il perenne ricordo.
Dice la Torà (Deuteronomio XVI°,3) : Affinchè tu ricordi il giorno della tua uscita dal paese d'Egitto, tutti i giorni della tua vita", ed essi, i Dottori della Legge, gli interpreti per antonomasia del Verbo divino, i minuziosi indagatori del testo biblico perennemente intenti ad acquistarne una sempre più vasta cognizione,accademicamente osservano : - Nel versetto in esame la parola "tutti", appare superflua in quanto anche se omessa dal contesto, il senso della frase non ne verrebbe minimamente a risentire; ma poiché la Torà non indulge al pleonasmo e in essa nemmeno una sola lettera è ridondante, l'inserimento di questa parola deve avere un ben determinato fine, Un fine ovviamente educativo, visto che la Torà ha funzione eminentemente educativa : quindi, un insegnamento; implicito, perché espresso tramite un "remez", cioè a dire un accenno fugace, diretto a coloro che essendo colti , sono in grado di afferrarlo e di illustrarlo a chi sia meno edotto di loro. E quale è,dunque,questo insegnamento? L'insegnamento è questo, chiosano i Dottori - : "Se la Torà avesse detto semplicemente "i giorni della tua vita",il significato del versetto sarebbe stato quello "che il ricordo dell'Uscita dall'Egitto deve accompagnare l'uomo ebreo per il corso completo della sua vita terrena", ma avendo aggiunto quel "tutti", essa ha voluto specificare "tutti i cicli di tua vita", tutti cioè quei periodi di tempo in cui avrai la vita.
In altre parole, "ogni qualvolta l'ebreo trascorra quel periodo di tempo che in termini umani è detto vita", egli è tenuto a ricordare il suo esodo dal paese del Nilo, "perfino nel corso di quella vita che gli è riservata nei tempi messianici".
Ciò premesso, è ben naturale ricercare, a titolo di "derash" festivo (tipo di lezione-ndr),quale sia il motivo che ha dato all'Uscita dall'Egitto tanta importanza e la ragione per cui esercitare un'influenza tale da compenetrare di sé l'Ebraismo in ogni sua mani9festazione.
Scontato il valore del fatto storico-politico in sé stesso, e cioè che Pesach ha dato al popolo ebraico quella libertà che gli ha consentito di divenire quello che è divenuto; ammesso l'incontrovertibile asserto che, senza Pesach, non avrebbero potuto aver luogo quegli eventi che le furono conseguenti e che originarono le altre ricorrenze che li celebrano, l'elemento unico cui trarre la risposta al quesito nostro è il concetto di indipendenza, libertà, nella sua più ampia accezione e autonomo da ogni e qualsiasi ragione pertinente alla religione e alla storia di Israele, elevato al grado di principio fondamentale dell'etica sociale.
Israele che, memore della promessa che Dio aveva fatto agli antichi Padri di liberare i loro discendenti dalla schiavitù che avrebbero sofferto in Egitto, Israele che aveva sopportato per secoli pene materiali e morali in attesa dell'evento che gli avrebbe consentito di godere, meritatamente, il bene inestimabile della libertà e che, a prezzo di una durissima prova protrattasi per generazioni era pervenuto all'acquisizione dell'esperienza necessaria a comprenderne l'incomparabile valore, non avrebbe potuto intendere il senso e il fine di una legge che non fosse pervasa – nella lettera e nello spirito, nella teoria e nella prassi-di libertà.
Ciò, a nostro avviso,spiega anche il perché dinanzi al Sinai, all'atto solenne della promulgazione della Torà, Israele disse a Mosè "eseguiremo e poi ascolteremo", come a dire : "le spiegazioni atte ad illustrarci questa Legge ce le darai in seguito", ben sapendo che una legislazione generata dalla libertà non poteva contenere che norme fondate sulla libertà e accettabili in piena libertà di coscienza.
Giusto appunto quanto Dio gli aveva detto tramite il Legislatore : "Questa legge che io oggi ti prescrivo di osservare non è da te disgiunta o lontana; anzi, ti è molto vicina: è nella tua mente e nella tua bocca,perché tu la possa eseguire."
Ecco perché la Torà, fondendo indissolubilmente i concetti di "libertà" e di "giustizia" in quanto dove non c'è libertà non c'è nemmeno giustizia, richiama incessantemente alla mente dell'uomo ebreo e al suo cuore l'idea della "libertà" e, in nome di essa, tutela l'orfano, la vedova, l'indigente,lo schiavo e il forestiero.
Se così non fosse, se l'ideale della libertà non impregnasse di sé la Torà, la Legge che con commovente, indefettibile, fedeltà i nostri padri ci hanno conservato e trasmesso come il nostro supremo bene, non avrebbe carattere d'eternità né potrebbe sopravvivere, intangibile, ai periodi in cui la libertà sia politica,sia sociale che religiosa si riduce a pura espressione verbale quando addirittura non viene soppressa.
E noi, ahi noi,di simili periodi, a tutt'oggi,ne abbiamo conosciuti anche troppi!
Di ciò perfettamente edotti,i nostro venerati Maestri, non solo non hanno trascurato occasione per sottolineare questo peculiare concetto della Torà, ma altresì ne hanno tratto il monito implicito che, ogni qualvolta ci si allontani da esso,si verifica "la negazione del principio fondamentale e basilare" della libertà e, in conseguenza,della Torà stessa che su di esso verte.
Monito grave per chi come noi è così sensibile alla libertà di coscienza,di fede e di ideali, ma nello stesso tempo, fervida esortazione alla fiducia in Colui che alla prima liberazione farà seguire quella finale preconizzata dai Profeti, se sapremo rimanere fedeli al principio millenario della libertà e vorremo mantenerlo vivo ed operante in noi.
Oltre all'attività rabbinica e d'insegnamento è autore di saggi storici, commenti e commedie in "giudaico-veneziano". E' Rabbino Capo a Livorno quando,nel 1966 Presidente della Comunità il Prof. Renzo Cabib, zl,la comunità e la città ricevono la prima visita di un Rabbino Capo d'Israele (nella foto il Rabbino Capo d'Israele Nissim, il Rabbino Polacco e il Prof. Cabib).