domenica 31 maggio 2009

Bene' Berith Livorno : presentato il libro di G.E.Valori

Preceduto dalla presentazione in video del Presidente d'Israele Shimon Peres ed introdotto dal saluto del Presidente Piero Cassuto,il Prof. G.Elia Valori ha presentato al Bene' Berith di Livorno il suo più' recente libro.dal titolo "Antisemitismo,Olocausto e negazione",edito per i tipi di Mondadori.
Il volume e' stato introdotto dal Prof. Fabio Bertini,docente universitario,preceduto da una riflessione del Rabbino Capo di Livorno Yair Didi.
Folto il pubblico,la sala era esaurita,hanno partecipato autorita' cittadine (il Sindaco Cosimi,il Presidente della Provincia Kutufa',il Sen. Filippi,il Presidente della Federazione dei Liberali Raffaello Morelli,,l'Ammiraglio Caruso,il Presidente della Comunita' Ebraica ed altri) e cittadinanza.

mercoledì 27 maggio 2009

DOMENICA 31.05.2009 - GRAND HOTEL PALAZZO - LIVORNO - SALA DEGLI AFFRESCHI - ORE 10.45

  

 BENE BERITH LIVORNO

                         “ ISIDORO KAHN “ 3498

                                                                                             www.  beneberithlivorno.blogspot.com

               

                                     L’Associazione Bene Berith Livorno “Isidoro Kahn”

                                    è lieta di invitare la S.V.  alla presentazione del libro

                                             

                                              Antisemitismo, olocausto, negazione.

                    La grande sfida del mondo ebraico nel ventunesimo secolo

                                                             (Editore Mondadori)

                          

                          da parte dell’autore PROF. GIANCARLO ELIA VALORI
           Interventi del Rabbino Capo di Livorno Yair Didi e del Prof. Fabio Bertini

 

         L’iniziativa  avrà luogo in data 31 maggio 2009 / 8 Sivan5769,alle ore 10.45 , presso

                il Grand Hotel Palazzo (Viale Italia, 195 - 57127 Livorno ), Sala degli Affreschi

 

    il Presidente

(Piero Cassuto )

 

R.S.V.P.  beneberithlivorno@gmail.com - tel. 3381886461 - 3355475325 -  fax 0586892595

 “Il mondo si regge su tre cose: sulla Legge, sul servizio Divino e sulle opere di bene”  Massime dei Padri (cap. 1 , passo 2 )

 

A più di mezzo secolo dalla tragedia dell'Olocausto, il flagello dell'antisemitismo ha rialzato la testa, agitando le coscienze democratiche di tutto il mondo. L'antico pregiudizio religioso, nel fragile equilibrio globale emerso dopo l'11 settembre 2001 e la sfida tra Occidente e Islam, si salda a nuove e violente forme di propaganda, soprattutto in alcuni paesi del Medio Oriente.
Giancarlo Elia Valori ricostruisce la storia della persecuzione ai danni degli ebrei così come si è venuta configurando nel corso dei secoli e a questa affianca una descrizione minuziosa dei campi di sterminio nazisti e delle deportazioni avvenute in tutta Europa con il consenso dei regimi collaborazionisti. Eppure c'è chi continua a voler offuscare la verità, a considerare l'orrore di Auschwitz - dopo il quale non sarebbe più stato possibile fare poesia, seconda la celebre affermazione di Adorno - poco più che un'invenzione del sionismo. Ma davvero lo sterminio di massa di sei milioni di ebrei perpetrato dalla barbarie nazista può essere oggetto di revisioni? Come si può ancora "negare" la Shoah?
Giancarlo Elia Valori offre una ris
posta persuasiva e autorevole a queste insidiose domande. I tentativi messi in campo per screditare Israele e la memoria dell'Olocausto sono sempre più numerosi e gettano un'ombra sinistra sul futuro. Nuove edizioni dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion (il celebro falso creato dalla polizia segreta russa all'inizio del Novecento per alimentare il pregiudizio antiebraico), circolano liberamente nelle scuole islamiche di Siria e Iran. Serial televisivi egiziani, appelli del Gran Muftì di Gerusalemme, minacce politiche come quelle avanzate dal presidente iraniano Ahmadinejad, siti internet semiclandestini: tutto concorre a gettare benzina sul fuoco già vivo di un antisemitismo strisciante, tornato a circolare in molti settori della cultura contemporanea, anche europea. Riemerge, sotto mentite spoglie, la vecchia teoria della cospirazione ebraica che tanta (troppa) fortuna ha riscosso in passato. Per effetto di un'assurda macchinazione culturale e ideologica gli ebrei, da vittime innocenti di un odio razziale tra i più aberranti che la storia ricordi, vengono trasformati in colpevoli.
Contro ogni fanatismo e nel rispetto rigoroso della verità storica, Giancarlo Elia Valori fornisce una lettura illuminante e ricca di suggestioni delle nuove sfide che l'ebraismo deve affrontare all'alba del ventunesimo secolo.

Giancarlo Elia Valori è uno dei più importanti manager italiani. Docente universitario e attento osservatore della situazione politica ed economica internazionale, nella sua lunga carriera ha ricoperto importanti incarichi in prestigiose società italiane ed estere. Nel 1992 è stato nominato da Mitterand cavaliere della Legion d’onore con la motivazione di “Un uomo che sa vedere oltre le frontiere per comprendere il mondo”, e nel 2002 “Honorable” dell’Académie des Sciences dell’Institut de France. Che è un titolo “a vita“ equivalente a quel rango di Immortel di ogni membro dell’Académie, e quindi non equiparabile ad una onorificenza honoris causa, perché superiore e di diversa natura. Valori è il primo, nella storia dell’Académie des Sciences - fondata da Colber nel 1666, dichiarata istituzione regale e posta sotto la protezione del Re Sole, Louis XIV, nel 1699 - a ricevere il titolo di Honorable nella nuova eccezione del termine.

Giancarlo Elia Valori, che è a capo de La Centrale Finanzia Generale, della holding regionale Sviluppo Lazio, della Fondazione italiana Abertis, del colosso delle telecomunicazioni cinesi Huawei Technologies Italia, oltre ai saggi su personaggi come “Il gigante David - Ben Gurion tra mito e realtà” o temi di attualità come “La pace difficile – Angosce e speranze in Medio Oriente”, tra i sui libri più recenti ricordiamo: “Geopolitica dello spazio - Potere e ricchezza nel futuro del Pianeta” (arricchita  dalle prefazioni del Presidente dello Stato d’Israele Shimon Peres e del Presidente emerito della Repubblica italiana Francesco Cossiga), “I Giusti in tempi ingiusti” e “Mediterraneo tra pace e terrorismo”.

 

lunedì 18 maggio 2009

Perchè non possiamo non dirci laici...da una visuale ebraica

Perché non possiamo non dirci laici…..

Il concetto di salvaguardia dei principi della Laicità dello Stato e
delle istituzioni è ricorrente nei nostri documenti congressuali e così
è stato anche nel 2006 : tuttavia, ovviamente a personale parere di chi
scrive , la difesa di tale principio da parte dell'ebraismo italiano
sembra talvolta essere relegata al quasi mero ruolo di enunciazione,
forse a causa di un velato timore di cadere nella trappola della falsa
contrapposizione tra laicità e religiosità e/o subendo oltremodo il
cosiddetto e non propriamente simpatico concetto di "tolleranza" spesso
ostentato in alcuni settori della società.

In un documento di alcune decine di anni or sono,scritto a più mani da
esponenti della cultura liberale,quindi laici ma non per questo
"antireligiosi", molti dei quali oggi trasversalmente impegnati in
ambito politico, si legge tra l'altro: "la società aperta è il
meccanismo di organizzazione sociale che,stando all'esperienza, consente
a ciascun individuo,per ogni data condizione storica,il massimo
dispiegarsi della propria individualità...la società aperta non è una
società anarchica bensì una società che adotta delle regole per
consentire, a individui e gruppi,al tempo stesso la cooperazione e il
conflitto non violento".

Concetti questi che ,ove realmente applicati,sarebbero preziosi
specialmente all'interno di una società, come quella odierna italiana,
impegnata a regolare auspicabilmente senza conflitti l'inevitabile
evoluzione in atto della propria conformazione.

Un esempio di concezione di società aperta ebraica è quello al quale
Dante Lattes (z.l.), il grande Maestro nato a Pitigliano e poi divenuto
allievo del celebre Rabbino Elia Benamozegh (z.l.), accenna in un suo
scritto dedicato al noachismo : " l'ebraismo non ha mai predicato la
conversione delle genti alla Legge mosaica né ha mai chiuso le porte del
cielo a chi non è circonciso. ,,I pii delle nazioni del mondo
partecipano alla vita futura'' è una celebre massima dei farisei
nata,secondo il filosofo Hermann Cohen,sul ,,fondamento etico'' dei
,,sette precetti dei figli di Noè''. E' questa eguale sorte che attende
tutti i buoni, ebrei e non ebrei, questa loro partecipazione alla vita
eterna, è a sua volta la conseguenza etica dell'idea del D-o Unico da
cui deriva l'idea dell'umanità una. Renan ha scritto : ,,La Chiesa
cristiana è stata costretta a fare di Costantino e, fino a un certo
punto, di Carlomagno, dei santi o almeno dei cristiani. Ciro, secondo
gli ebrei, ha potuto s
crivere : - Il Signore,D-o del cielo, mi ha dato tutti i regni della
terra - senza aver per questo l'idea di farsi ebreo"

La visione della società umana descritta da queste parole stride
tremendamente con talune istanze che riemergono prepotentemente nella
società italiana odierna , senza voler riprendere la questione della
preghiera per la conversione degli ebrei,ad esempio ben rappresentante
dalle recenti dichiarazioni del Ministro per l'Istruzione e riferite
all'ora di religione cattolica vigente nella scuola pubblica ,"/non ci
sono dubbi che l'insegnamento
della religione cattolica sia uno strumento indispensabile per la
formazione dei giovani e dire che il cattolicesimo sia parte del
patrimonio storico del nostro paese è semplicemente ricordare un dato
oggettivo di realtà/" , oppure le spesso strumentali chiusure
pregiudiziali all'apertura di luoghi di culto islamici i quali, al pari
di tutti gli altri nonchè di qualsiasi altra associazione di cittadini,
devono ovviamente rispettare le leggi che regolano la convivenza civile
in questo paese.

Riscoprire la basilare importanza che la Laicità dello Stato riveste nel
garantire a ciascuno di vivere libero nel rispetto della sfera di
libertà altrui, diritto alla propria vita religiosa compreso, appare
quanto mai necessario ed urgente.

Ecco perchè, parafrasando Croce,non possiamo non dirci laici.

Gadi Polacco

* L'abbreviazione z.l. significa,in ebraico, "il suo ricordo sia per benedizione"

mercoledì 13 maggio 2009

L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sull'immigrazione

Immigrazione: serve il rispetto dei diritti,
senza strumentalizzazioni e fraintendimenti

"L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane considera norma etica
universale irrinunciabile per tutti gli Stati il rispetto dei diritti
fondamentali delle persone anche nel legittimo esercizio della tutela delle
proprie frontiere". Lo ha dichiarato il Presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
"L'Italia, ha aggiunto Gattegna, aderendo ai trattati internazionali e
ratificando le norme dell'Unione europea si è impegnata a regolamentare il
flusso di coloro che desiderano immigrare e a rispettare la condizione di
coloro ai quali deve essere riconosciuto il diritto di asilo".
"L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha concluso il Presidente
Ucei, rifiuta qualsiasi forma di comparazione tra le norme attualmente in
discussione e quelle che furono alla base del tentativo nazifascista di
sterminio dell'intero popolo ebraico; l'accostamento fra eventi e periodi
storici diversi non giova a fare chiarezza né dal punto di vista giuridico
né dal punto di vista morale".

martedì 12 maggio 2009

Luci ed ombre circa la visita del Papa in Israele : la visuale dagli USA del sito JTA

Dal sito www.jta.org

Politics abounds on pope’s mission of peace to Israel

By Marcy Oster · May 12, 2009

JERUSALEM (JTA) -- Coming as a self-described “pilgrim of peace,” Pope Benedict XVI vowed to fight anti-Semitism and called for a Palestinian state in the moments after his arrival in Israel for a five-day visit.

But controversy has marked the visit this week from the start, as the pope's supposedly non-political trip abounds with politics and his hosts in Israel and the Palestinian Authority parse his words with nearly Talmudic precision eyeing support for their positions.

On Monday, his first day in Israel, the pope was criticized for not being contrite enough about the Holocaust on behalf of the Catholic Church. Later he cut short an interfaith meeting of clergy after a Palestinian Muslim cleric launched a surprise attack on Israel during an impromptu address.

“I come, like so many others before me, to pray at the holy places, to pray especially for peace -- peace here in the Holy Land, and peace throughout the world,” Benedict said Monday morning during a welcoming ceremony at Ben Gurion International Airport, where he was met by President Shimon Peres and Prime Minister Benjamin Netanyahu.

Benedict would repeat that desire for peace and interfaith dialogue in every appearance in the early days of his trip, which the Vatican insisted is non-political.

But his visit to Yad Vashem, Israel's national Holocaust memorial, sparked criticism by former Israeli Chief Rabbi Israel Meir Lau and Knesset Speaker Reuven Rivlin, who greeted the pontiff at the museum.

"I am deeply grateful to God and to you for the opportunity to stand here in silence: a silence to remember, a silence to pray, a silence to hope," the pope said.

The cry of those killed “echoes in our hearts. It is a cry raised against every act of injustice and violence. It is a perpetual reproach against the spilling of innocent blood.”

Following the visit, in which the pope did not enter the actual museum due to an exhibit that offers an unflattering portrayal of Pope Pius XII, who has been accused of being silent in the face of Nazi atrocities against the Jews during World War II, Lau criticized the pope's speech in an interview on Israel's Channel 1.

Lau, a survivor of Buchenwald who serves as the chairman of the Yad Vashem Council, lamented that while Benedict's predecessor, Pope John Paul II, in his address at the museum nine years ago offered a moving personal expression of grief, the current pope did not go that far, instead offering the Church's “deep compassion” for those killed in the Holocaust.

“I personally missed hearing a tone of sharing the grief,” Lau said. “I missed hearing 'I'm sorry, I apologize.' ”

Lau also pointed out that the pontiff, who is German by birth and was a member of the Hitler Youth, did not mention the Germans, or Nazis, as those who carried out the genocide, and used the word “killed” instead of "murdered" to describe how the Jews died. And, he added, the pope never said that 6 million were killed, saying only “millions.”

Rivlin also criticized the Pope.

“With all due respect to the Holy See, we cannot ignore the burden he bears, as a young German who joined the Hitler Youth and as a person who joined Hitler's army, which was an instrument in the extermination,” he said Tuesday on Israel Radio. “He came and told us as if he were a historian, someone looking in from the sidelines, about things that should not have happened. And what can you do? He was a part of them.”

Vatican spokesman Federico Lombardi fired back Tuesday, noting that the pope has denounced the Nazis and spoken of his German heritage in previous speeches, including during a visit to the Auschwitz death camp, and used the 6 million figure during his remarks upon arriving in Israel.

Lombardi also said four times that the pope never served in the Hitler Youth, whose members were volunteers, but that he was forced to join anti-aircraft troops against Allied aerial raids near his hometown.

The pope stopped an interfaith conference in Jerusalem after the head of the Palestinian sharia court accused Israel of killing women and children and urged the pope “in the name of the one God to condemn these crimes and press the Israeli government to halt its aggression against the Palestinian people.”

Criticizing the incident, a papal spokesman said, “We hope that such an incident will not damage the mission of the pope aiming at promoting peace and also interreligious dialogue, as he has clearly affirmed in many occasions during this pilgrimage. We hope also that interreligious dialogue in the Holy Land will not be compromised by this incident.”

During a brief visit Tuesday to the Western Wall, the pope placed a handwritten personal prayer between the stones of the wall asking God to “send your peace upon this Holy Land, upon the Middle East, upon the entire human family,” according to a text released by the Office of the Holy See.

Following his quiet reflection at the wall, punctuated by the whirring of camera lens shutters, the pope made a courtesy visit at the compound to the chief rabbis of Israel.  He had made a similar visit to the grand mufti of Jerusalem before his wall appearance.

The pope, who traveled with a 40-person staff and 70 reporters, and stayed at the Papal Nuncio's residence in Jerusalem during his visit, was scheduled to visit a Palestinian refugee camp in Bethlehem on Wednesday and Nazareth on Thursday, where he will celebrate an open-air Mass. He was to fly back to Rome Friday afternoon on a special El Al flight.

Upon the pope's arrival, “Operation White Robe,” which included 80,000 police officers and security guards, went into effect to protect his safety.

The pope arrived in Israel after spending two days in Jordan, where he celebrated Mass before an estimated audience of 25,000 in a soccer stadium in Amman.

On Saturday he visited Mount Nebo, from where the Bible says Moses saw the Land of Israel. The pope said the site was a reminder of “the inseparable bond between the Church and the Jewish people.”

Benedict also visited the King Hussein bin Talal Mosque in Amman. He did not remove his shoes while visiting the mosque and engaged in silent reflection rather than prayer, according to reports. In a meeting there with Muslim leaders, the pope called for a “trilateral dialogue,” including the Church, to help bring Jews and Muslims together to discuss peace.

The pope and Peres together planted an olive tree at the president's residence Monday afternoon, followed by a performance by a choir made up of Jewish and Arab girls joined by Israeli tenor Dudu Fisher, who sang “Bring Him Home” from the musical "Les Miserables" only minutes after the pope met with the family of kidnapped Israeli soldier Gilad Shalit.

“Old divisions have aged and diminished,” Peres told the pope. “So more than the need for another armored vehicle, we need a strong, inspiring spirit to instill both the conviction that peace is attainable, and the burning desire to pursue it.”

“Ties of reconciliation and understanding are now being woven between the Holy See and the Jewish people,” he added. “We cherish this process and your leadership. Our door is open to similar efforts with the Muslim world.”


martedì 5 maggio 2009

TESTAMENTO BIOLOGICO : LA VISIONE EBRAICA

Giovedi 7 maggio a Livorno e a Roma (casuale ma significativa concomitanza) si dibatterà di testamento biologico e temi correlati : a Livorno organizza l'incontro il gruppo dei Giovani Democratici di Livorno i quali, mostrando apertura di vedute,hanno espresso interesse per le varie posizioni circa questo delicato argomento. A Roma a patrocinare la serata è invece la Consulta Ebraica e,tra gli ospiti, vi è il Rabbino Capo della capitale Riccardo Di Segni, peraltro anche medico.
Quale piccolo contributo al tema pubblichiamo, tratto dal sito della Comunità Ebraica di Bologna, l'intervento che il Rabbino Capo di quella città, dr. Alberto Sermoneta, tenne nel 2007.

Gadi Polacco

P.S. Peccato essere altrove quel giorno.

Il testamento biologico secondo la Halakhà PDF Stampa E-mail
Relazione di Rav Alberto Sermoneta

Convegno Associazione Medici Ebrei
Bologna, 18 Novembre 2007 (8 Kislev 5768)

E creò il Signore Iddio l’uomo polvere dalla terra[1]
AFAR MIN HA ADAMA’” “Polvere dalla terra
 
Vorrei iniziare questa mia relazione citando un passo del Talmud di Gerusalemme,[2]: Ha detto Rabbi Judan figlio di Pazì: “(Il Santo Benedetto Egli sia) riempì un cucchiaio di polvere, prendendolo dal luogo dell’Altare e creò con esso l’uomo, poiché è scritto “e creò il Signore Iddio, l’uomo polvere della terra (adamà)”  ed è scritto pure: “un Altare di terra (adamà) farai per Me[3]”;  Dato che, quando si tratta dell’Altare è detto Adamà, anche per l’uomo è detto Adamà, si deduce che, se l’Altare è considerato sacro, in quanto era il luogo dove, nel Santuario di Gerusalemme  si offrivano i sacrifici, anche il corpo dell’uomo è considerato sacro.
 
E’ risaputo che nella concezione sia della Torà sia dell’Halakhà (il diritto rabbinico) l’importanza della sacralità del corpo è pari a quella dell’anima.
Sostengono alcuni Maestri di Israele che il GUF (corpo) è un abito che Dio ha creato su misura per l’anima e che ci ha consegnato per poterlo gestire per tutta la nostra esistenza.
 
Così come fin dalla nascita ci è stato concesso un corpo integro, ogni essere umano ha il dovere sacrosanto di mantenerlo integro fino al momento della morte.
La Halakhà prevede persino che nel caso in cui sia stato amputato un arto, quello stesso  dovrà essere seppellito in seguito con il resto del corpo.
I Maestri della Kabbalà (la mistica ebraica) sono ancora più rigorosi, aggiungendo che persino i capelli e le unghie delle mani e dei piedi, che una persona taglia durante la propria vita dovranno essere conservati e poi seppelliti con il corpo.
 
Per questo motivo ognuno ha il dovere di fare in modo di mantenere il proprio corpo nel migliore dei modi, ciò che nel diritto ebraico è conosciuto con appellativo di “Shemirat Ha Guf “– “ conservazione - preservazione del corpo”.
 
Obbligo di salvare una vita
 
Come si ha il dovere di preservare il nostro corpo da ogni forma di sofferenza si ha anche il dovere di aiutare il prossimo e salvarlo da pericoli e malattie.
Nel libro del Levitico,[4] troviamo l’imperativo “ LO TA’AMOD AL DAM RE’EKHA” “Non startene immobile sul sangue del tuo amico” Cioè ognuno ha il dovere di fare il possibile per salvare la vita del prossimo.
 
Sostengono gli esegeti che se un uomo sta annegando, e casualmente un altro si trova a passare, quest’ultimo ha il dovere di salvare quella vita. Il valore della vita umana è tanto importante che i nostri Maestri prevedono che, in caso di pericolo, pur di salvarla è persino permesso di profanare lo Shabbat.
Nel trattato talmudico di Jomà [5] è detto: “se avviene un crollo di Shabbat e c’è il rischio che sotto le sue macerie vi sia un uomo, nonostante non si abbia la certezza se sia ancora in vita, è permesso di profanare lo Shabbat  per cercare il corpo”. La regola di “salvare una vita” vale per ciascun uomo, ancora di più per coloro che, per professione, sono preposti a farlo.
 
Nello Shulkan Aruch (codice di normativa ebraica) Joreh De’ah [6] è detto: “la Torà ha dato il permesso ad un medico di guarire e ciò è un dovere; generalmente ciò avviene per preservare una vita.
Se egli si rifiuta è considerato un OMICIDA, persino se vi è vicino a lui qualcun’ altro che possa curarlo.
 
Poiché l’uomo non può essere curato da ogni medico indistintamente, ed un medico ha la potenzialità di curare e guarire quei malati che gli vengono destinati dall’Alto, il medico è quindi considerato un incaricato divino alla cura e alla guarigione del malato.
 
Il valore della vita è infinito, assoluto, senza distinzioni e relativismi. Ogni parte del corpo è sacra come tutto il corpo.
Il Maimonide (rabbino e medico spagnolo  del 1200) nella sua opera  MISHNE’ TORA’ nel trattato “regole riguardo l’omicidio e la conservazione del corpo[7]” sostiene: un uomo che uccide un uomo sano o un malato sul punto di morte, persino se uccide un agonizzante è passabile di omicidio.
Lo Shulkan Aruch Joreh De’ah [8] dice: “l’agonizzante è considerato vivo a tutti gli effetti – non si legano le sue guance non lo si unge, non lo si lava, non si tappano i suoi orifizi, non si toglie il cuscino da sotto la sua testa, non lo si pone in terra e non gli si chiudono gli occhi”.
 
Chiunque si comporti così, provocandone la morte è considerato colpevole d’omicidio. Tuttavia per quanto riguarda l’agonizzante con gravi sofferenze, non ci si ostina con cure che possono allungarne la sofferenza. 
Nel Talmud babilonese, trattato Ketubot[9] è narrato che Rabbi Jehudà ha Nassì (uno dei più importanti Maestri del Talmud) si trovava sul punto di morte e i suoi discepoli indissero un digiuno, passando il tempo in preghiera al suo capezzale chiedendo a Dio di farlo guarire.
La stessa cosa fu fatta dagli Angeli celesti, i quali però pregavano Dio perché l’anima di R. Jeudà li raggiungesse. Si venne così a creare una sorta di contesa dell’anima del Maestro, tanto da aumentarne la sua sofferenza.
Una sua serva che si accorse di ciò prese un’anfora di coccio, salì sul tetto della casa e lo scaraventò a terra. Il frastuono, provocato dalla caduta dell’anfora, distolse i discepoli dalla preghiera e in quel preciso momento R. Jeudà morì e la sua anima ascese in cielo.
 
Questo brano talmudico insegna che è tanto cara la vita di una persona, quanto in alcuni casi è doveroso porre un  limite ad essa.
Nel linguaggio medico moderno, questo va sotto il nome di “accanimento terapeutico” il quale, in un certo senso crea la mancanza di rispetto nei confronti del malato e lo priva di dignità. nello stesso modo è proibito pregare per la morte propria o altrui, ma è invece permesso pregare per la fine delle proprie sofferenze. Esempi biblici o talmudici: Elia [10]Yonà[11] Chonì[12] 
Vi sono anche esempi di preghiere per la fine delle sofferenze altrui.
 
Il testamento biologico
 
Se il corpo è considerato sacro durante la vita, altrettanta attenzione  è giusta e doverosa nei momenti immediatamente precedenti la morte e in quelli immediatamente successivi.
 
E’ pertanto doveroso rispettare la volontà dell’individuo, “testamento biologico” nei limiti consentiti dalla halakhà e cioè fintanto che le volontà dell’individuo non contrastino o addirittura violino la normativa ebraica.
Come avviene normalmente che un uomo affidi le proprie ricchezze ad una persona che gliele tuteli, rispettandone le volontà, così potrebbe avvenire anche a proposito del proprio corpo, nel momento in cui egli divenga incapace d’intendere e volere. Non c’è dubbio però che ciò potrebbe creare dei problemi nel caso in cui l’affidatario del testamento non fosse una persona degna di garanzia. Affidare il proprio corpo in mano a qualcuno non degno potrebbe generare serie problematiche.
 
Una Commissione di rabbini ortodossi americani per poter far fronte alle leggi che riconoscono e tutelano il testamento biologico hanno previsto che un uomo possa sottoscrivere un documento dove esprime le proprie volontà, che siano in linea con i principi della Halakhà e quindi affidare il tutto ad un rabbino di propria fiducia, che gli garantisca la conservazione la tutela e l’attuazione quando diverrà necessario.

[1] Gen., cap. 2 v. 7
[2] Talmud di Gerusalemme, Nazir, cap. 7, halakhà 2.
[3] Es., cap. 20, v. 24
[4] Lev., cap. 19, v. 16
[5] Jomà pag. 85 a.
[6] Shulkan Aruch, Joreh De’ Ah, cap. 336 par.1°.
[7] Maimonide, Mishnè Torà,cap. 2, reg. 7.
[8] Cfr. Shulkan…op.cit… cap. 339 par.1°.
[9] Talmud Babilonese, trat. Ketubot, 104 a.
[10] 1° Re 19 v. 4
[11] Yonà 4 v. 3
[12] Talmud Babilonese, Ta’Aanit, 23-a