Cinque anni or sono , il 25 giugno del 2006,nella località israeliana di Kerem Shalom non lontana dal confine con quella striscia di Gaza che Israele aveva evacuato un anno prima senza niente ricevere in cambio (nel caso ha poi ricevuto missili premeditatamente lanciati verso insediamente civili),veniva rapito un giovane soldato israeliano, con nazionalità anche francese, di nome Gilad Shalit.
Da allora quasi nulle sono state le notizie circa questo ragazzo rapito ed ingiustamente detenuto, con buona pace delle più elementari nozioni di rispetto dei diritti civili basilari e la sua sorte sembra non interessare affatto a coloro che invece,con scatto automatico, si ergono fieramente contro Israele (con i suoi pregi ed i suoi difetti isola di democrazia occidentale nell'area) ad ogni occasione,non di rado lavorando anche di fantasia.
Evidentemente Shalit,a certi occhi, ha il difetto di appartenere alla parte "cattiva" e quindi,sembra essere questa la conclusione,si merita quanto gli è accaduto,concetto che marcia terribilmente in parallelo con l'aberrante ,di fatto, giustificazione del terrorismo che alcuni propugnano in quanto sarebbe umana reazione alle difficili condizioni di vita patite (ma questo vale sempre solo per un rovescio della medaglia,quindi non anche per l'altro).
In questi anni, nel corso dei quali un crudele dosaggio di notizie spesso false, di irrisioni ed altre strumentalizzazioni da parte di Hamas e soci hanno caratterizzato la vicenda di Shalit, al quale vengono negati anche i minimi diritti riconosciuti dalle convenzioni internazionali, certi occhi hanno invece gettato uno sguardo a questa triste vicenda e sono sorte (a Roma,in altre parti d'Italia,in Francia ed in molti altri paesi) azioni di solidarietà : esposizioni di foto che ne ricordano l'inumana condizione,al pari di quella patita da tanti attivisti per i diritti umani, manifestazioni ed anche attribuzioni di cittadinanza onoraria per sottolineare che Shalit "è uno di noi",un cittadino che è stato privato,nemmeno sul campo di battaglia,della propria libertà e che viene occultato alla propria famiglia,privato dei propri affetti ed escluso dal mondo.
Ho già avuto modo in passato di perorare un'analoga iniziativa anche da parte della città di Livorno, in verità senza riscontro : torno oggi a farlo nella speranza che da questa terra che spesso richiama orgogliosamente la propria storia di libertà e "tolleranza" (uso questo termine pur provando una certa allergia) venga un segnale concreto nche per Gilad Shalit.
Gadi Polacco
Comunitando
www.livornoebraica.org
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