venerdì 4 luglio 2008

LA VERA PULIZIA ETNICA PERPETRATA IN MEDIO ORIENTE

La vera pulizia etnica perpetrata in Medio Oriente

Da un articolo di Ashley Perry

Probabilmente Israele è il meno efficiente artefice di "pulizia etnica"
della storia dell'umanità, nonostante quel che dice la propaganda
avversaria.

Nel 1947 vivevano nella Palestina sotto Mandato Britannico circa 740.000
arabi palestinesi. Oggi gli arabi che vivono in Cisgiordania e striscia di
Gaza più gli arabi che sono cittadini israeliani ammontano a più di
cinque milioni (in tutto, nel mondo,sono più di nove milioni le persone
che si definiscono palestinesi). Da un semplice calcolo emerge che il tasso
di crescita della popolazione palestinese è stato quasi il doppio di
quello in Africa e in Asia in un analogo lasso di tempo.

Il croato Drazen Petrovic definiva la "pulizia etnica" come "una ben
precisa politica di un particolare gruppo di persone intesa ad eliminare
sistematicamente la presenza di un altro gruppo da un dato territorio".
Sulla base di questa definizione, il lungo conflitto arabo-israeliano ha
visto la realizzazione di una sola, vera pulizia etnica: quella degli ebrei
che vivevano da secoli in Asia e nord Africa. Mentre, prima del 1948,
c'erano quasi 900.000 ebrei che vivevano in terre a maggioranza araba, nel
2001 ne rimanevano non più di 6.500.

Coloro che sostengono che Israele avrebbe perpetrato una pulizia etnica a
danno degli arabi non sono in grado di citare una sola ordinanza o
disposizione in questo senso. La pulizia etnica degli ebrei dalle terre
arabe, invece, fu una politica ufficiale di stato. Gli ebrei vennero
ufficialmente espulsi da molte regioni del mondo arabo. La Lega Araba
diffuse una dichiarazione con cui raccomandava ai governi arabi di
promuovere l'uscita degli ebrei dai paesi arabi, risoluzione che venne
attuata attraverso tutta una serie di misure punitive e di ordinanze
discriminatorie che resero impossibile la permanenza degli ebrei nelle
terre dove erano nati.

Il 16 maggio 1948 il New York Times registrava una serie di misure prese
dalla Lega Araba allo scopo di emarginare e perseguitare gli ebrei
cittadini degli stati membri. Riportava fra l'altro il testo di una legge
"redatta dal Comitato politico della Lega Araba", volta a governare lo
status legale degli abitanti ebrei nei paesi della Lega Araba. Essa
disponeva che, a partire da una data specifica, tutti gli ebrei – ad
eccezione di quelli che non fossero cittadini di un paese arabo –
venissero considerati "membri della minoranza ebraica di Palestina". I
loro conti bancari sarebbero stati congelati e usati per finanziare la
resistenza contro "i piani sionisti in Palestina". Gli ebrei ritenuti
sionisti attivi sarebbero stati internati e i loro beni confiscati.

Nel 1951 il governo iracheno approvò una legge che rendeva reato
l'affiliazione al sionismo e ordinava "l'espulsione degli ebrei che si
rifiutano di firmare una dichiarazione contro il sionismo". Il che
contribuì a spingere fuori decine di migliaia di ebrei che vivevano in
Iraq, mentre la gran parte delle loro proprietà veniva confiscata dallo
stato.

Nel 1967 molti ebrei egiziani vennero internati e torturati, le case
ebraiche confiscate. Quello stesso anno in Libia il governo "sollecitava
gli ebrei a lasciare temporaneamente il paese" permettendo a ciascuno di
loro di portare con sé una sola valigia e l'equivalente di 50 dollari.

Nel 1970 il governo libico promulgò nuove leggi per la confisca di tutti i
beni degli ebrei libici, emettendo al loro posto obbligazioni con scadenza
a 15 anni. Ma quando i buoni maturarono, non venne pagato nessun rimborso.
Il leader libico Muammar Gheddafi si giustificò dicendo che "lo
schierarsi degli ebrei con Israele, nemico delle nazioni arabe, li priva
del diritto al rimborso".

Non sono che pochi esempi di ciò che divenne una politica comune un po'
in tutto il mondo arabo, per non menzionare i pogrom e le aggressioni
contro ebrei ed istituzioni ebraiche che giocarono un ruolo decisivo
nell'esodo degli ebrei da quei paesi.

Anche le sofferenze sul piano economico delle due popolazioni di profughi
(ebrei dai paesi arabi e arabi di Palestina) non furono eguali. Secondo una
ricerca pubblicata di recente – "The Palestinian Refugee Issue: Rhetoric
vs. Reality" dell'economista Sidney Zabludoff, già consigliere della
Cia, della Casa Bianca e del Tesoro americano (in Jewish Political Studies
Review, aprile 2008 ) – il valore dei beni perduti dalle due popolazioni
di profughi è straordinariamente diseguale. Utilizzando i dati di John
Measham Berncastle, che nei primi anni '50, sotto l'egida dell'allora
appena costituita Commissione Onu per la Conciliazione in Palestina
(UNCCP), si assunse il compito di stimare i beni dei profughi palestinesi,
Zabludoff calcola che quei beni ammontavano a 3,9 miliardi di dollari in
valuta attuale. I profughi ebrei, essendo maggiori di numero e più
urbanizzati, erano proprietari di un patrimonio complessivo pari almeno al
doppio di quella cifra.

Inoltre bisogna tener conto del fatto che Israele, nel corso degli anni
'50, ha restituito più del 90% di conti bancari bloccati, cassette di
sicurezza e altri beni appartenenti a profughi palestinesi, il che
diminuisce in modo significativo la somma calcolata dalla UNCCP.

Questi fatti vengono accortamente dimenticati e non pubblicizzati,
permettendo a denigratori di Israele come il professor Ilan Pappe (prima
all'Università di Haifa, ora in quella di Exeter) di non menzionare
neanche di sfuggita la vera, grande pulizia etnica perpetrata in Medio
Oriente.

Di recente, però, alcuni eventi stanno gettando nuova luce sulla
percezione di questa storia che ha la comunità internazionale. Lo scorso
primo aprile il Congresso degli Stati Uniti ha adottato la risoluzione 185
che per la prima volta riconosce il caso dei profughi ebrei dai paesi
arabi, ed esorta il presidente e gli altri rappresentanti americani che
prendono parte a colloqui in Medio Oriente ad assicurarsi che ogni
riferimento ai profughi palestinese "sia accompagnato da un analogo,
esplicito riferimento alla soluzione della questione dei profughi ebrei dai
paesi arabi".

Altrettanto importante, il 24 giugno ha avuto luogo alla Camera dei Lord la
prima audizione mai avvenuta nel parlamento britannico sul tema dei
profughi ebrei dai paesi arabi, convocata dal parlamentare laburista John
Mann e da Lord Anderson di Swansea, e organizzata dall'associazione
Justice for Jews from Arab Countries (JJAC) insieme al Board of Deputies of
British Jews.

Una maggiore conoscenza della questione dei profughi e della pulizia etnica
degli ebrei dal mondo arabo in generale offrirà una conoscenza più chiara
e completa della storia della regione a un gran numero di persone. Non si
può affermare che un popolo ha subito una "pulizia etnica" da una zona
in cui è aumentato di numero a un tasso doppio di quello dei suoi vicini
geografici. Viceversa, un popolo che ha visto ridotto il suo numero in una
certa zona di 150 volte nel corso di pochi decenni può sostenere a buon
diritto di aver subito una pulizia etnica.

(Da: Jerusalem Post, 24.07.08 )

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